Riguardo l’Assassino cherubico

RIGUARDO L’ASSASSINO CHERUBICO:
violenza, pacifismo “gandhiano”, e terrorismo
(Sul rapporto tra pacifismo e violenza nella lotta animalista)

Londra 21 maggio 2002

Giorni fa lessi alcune lettere di pacifisti gandhiani che criticavano gli atti di violenza in difesa degli animali contenuti nel mio libro “L’Assassino Cherubino”. Oggi ho letto una notizia particolare: le organizzazioni Verdi stanno mobilitando forze paramilitari per difendere gli animali. Non credevo a quello che leggevo. Nella CAR la Repubblica Centrale Africana, un gruppo di difesa paramilitare ha attaccato una banda di bracconieri uccidendone uno. Era la prima volta che leggevo di un’azione legale intrapresa per difendere gli animali che si concludeva con la morte di un uomo. Tempo fa Richard Leakey, capo della Wild Life Agency del Kenia aveva organizzato forze paramilitari per difendere gli elefanti, ma non mi risulta che nessuno fu ammazzato. Eric Lindquist dell’ “African Rainforest and Rivers Conversation Organization” ha affermato: “delle volte è necessario usare la forza per cambiare le idee della gente …”. Così per mettere fine all’olocausto degli elefanti i paramilitari hanno ucciso un bracconiere.

Ho conosciuto uomini che non strapperebbero un fiore dalla terra ma avrebbero combattuto, come partigiani, contro i nazisti. Io appartengo a quel gruppo: considero ogni tipo di violenza un male, con una sola eccezione: la violenza dell’oppresso contro quella dell’oppressore.

In essenza: se stanno macellando con un machete un bambino nel Rwanda cercherei di difenderlo con le armi. Se fossi un Tutsi esposto alla violenza degli Hutu prenderei un fucile e combatterei. Ma un fiore non lo strapperei. Una lumaca non la schiaccerei.

Ho riletto l’argomento di Agostino morente riguardo la guerra giusta. Se si legge il Vangelo con attenzione, non si scappa: è il 430, i Vandali arrivano sotto le mura di Hippo e non bisogna combattere, bisogna porgere l’altra guancia: “perché chi di spada ferisce di spada perisce.” Agostino riflette e pensa: “Queste bestie bionde entrano in città, si portano via tutte le pupe e le stuprano, si portano via gli aitanti maschietti e li sodomizzano; e c’è il caso che io finisca, se vivrò, con una parrucca bionda nella rustica casa di un barbaro depravato.” Amen: e dice: “Eh no cocchi … qui bisogna difenderci!”

Viaggiamo nel tempo, avanziamo 21 anni nel secolo come Bruce Willis, nell’ “Esercito delle 12 Scimmie”. E’ il 451. Attila, espressione massima e quintessenziale della folle volontà di potenza, è presso i Campi Catalunici, un ameno luogo presso Troyes. L’unno ha portato scompiglio ed orrore nell’ecumene, ha travolto paurosamente ogni forma di vita nel suo terribile incedere. Il “Flagellum Dei” è ora confrontato da uno schieramento condotto da Ezio e supportato dalle forze visigote di Teodorico. E’ uno scontro epocale. Uno scontro epocale come erano stati Salamina, Gaugamela, Canne, Poitier e come saranno in futuro Vienna, Lepanto, Valmy, Waterloo, Stalingrado.

Forze immani si scontrano e definiscono, nel bene e nel male, un mondo con le armi. Attila minaccia di travolgere tutto. E’ come una peste bubbonica scatenata sulla terra.

Immaginiamo una delegazione di pacifisti “gandhiani”, se così possiamo, impropriamente definirli, presentarsi davanti ai “sagittari”, gli arcieri di Ezio per spiegar loro che la violenza è sempre un male, e che usarla per difendersi da Attila è scendere al suo livello e che, quindi, è più giusto mettersi tutti intorno ad un tavolo, magari mentre Pannella fa un bello sciopero della fame, cercando di risolvere il problema da persone assennate, mature e civili.

Come risponderebbero i romani di Valentiniano III, imperatore cristiano, a questa proposta? Ve lo lascio immaginare. Forse come Totò: “Ma mi facciano il piacere …”

Procediamo nel tempo.

Che direbbero gli ebrei dopo l’Olocausto se qualcuno gli suggerisse che ogni forma di violenza è un male? E gli armeni, che subirono il tremendo Olocausto nel 1915, quando persero 600.000 persone nel trasferimento forzato di una popolazione di 1.700.000 esseri umani, che direbbero? Direbbero che difendersi con la violenza contro la violenza è sempre un male?

Questo lo dicono i pacifisti “gandhiani”, perché se gli armeni avessero avuto la possibilità di difendersi si sarebbero difesi.

E che direbbero i Tutsi che si difesero giustamente e vittoriosamente contro gli Hutu armati dai francesi? E i Timoresi che si difesero disperatamente quando l’Indonesia annientò il 25% della loro nazione, (come se 13 milioni di italiani fossero stati trucidati) con il “placet” di Kissinger e di Ford.

La difesa violenta contro il sopruso, l’umiliazione, il genocidio, il massacro è una cosa giusta e sacrosanta.

Non bisognava difendersi contro Eichmann, Heydrich, Himmler, Hitler? Bisognava far vincere la guerra a Hitler? I Russi si dovevano arrendere a Stalingrado? Se Himmler avesse mandato i figli dei “gandhiani” a far le cavie per Mengele non avrebbero reagito i pacifisti?

E come avrebbero reagito se avessero saputo che i loro piccoli venivano immersi nell’acido per vedere quanto tempo è necessario per dissolvere un corpo: sarebbero andati a manifestare sotto le palizzate e i fili spinati dei campi di concentramento o avrebbero cercato di difenderli con le armi?

L’unica forma di violenza accettabile è quella del perseguitato, dell’oppresso contro l’oppressore, quando tutte le opzioni pacifiche vengono meno. Ripeto per chiarezza: quando tutte le opzioni pacifiche vengono meno.

E Gandhi? Gandhi non si misurò con un colonialismo folle, non si misurò contro l’orrore del Terzo Reich, ma contro un impero che era sostanzialmente differente da altre potenze coloniali.

Il colonialismo in ogni sua forma era sbagliato ma c’era differenza tra il colonialismo di Leopoldo II e quello degli inglesi. Saranno stati entrambi “un male” ma esistono gradazioni diverse di male.

E fino a qui stiamo parlando degli uomini.

Passiamo ora agli animali.

Gli animali sono esseri viventi che meritano rispetto oppure sono cose insignificanti? Sono esseri viventi che coabitano il pianeta con la nostra specie o agglomerati di salsicce, bistecche, cervella, trippa? E gli alberi sono esseri che hanno una loro vita o tavole e sedie potenziali?

Le risposte le conosco.

Per la normalità pippobaudiana – quella delle macellerie con la statua di Padre Pio in bella vista – gli animali e le piante sono cose che, essendo prive di anima immortale, vengono consegnate dal loro Dio biblico, quello del tempio – mattatoio di Gerusalemme, al nulla, all’oblio e alla dimenticanza.

Per gli animalisti, e per molti “non animalisti”, gli animali sono esseri viventi che vanno rispettati.

E questa minoranza sta diventando sempre più numerosa: se si mettono insieme tutti i vegetariani d’Europa si popola l’intera Grecia.

Ho letto che i vegetariani italiani che nel 1999 erano 1.500.000, sono diventati, nel 2002, 2.900.000. E se la crescita italiana è di 700.000 unità all’anno immaginate la forza dei vegetariani e degli animalisti tra 50 anni.

Se, ipoteticamente, i vegetariani del mondo creassero una loro “Zona” sarebbe vasta almeno come la Germania e l’Olanda, considerando che i vegetariani indiani sono l’ 83% dei 680 milioni degli abitanti dell’India. All’interno della minoranza che rispetta gli animali c’è un ulteriore gruppo di persone – notevolmente minoritario – convinto che il male verso gli animali è una sopraffazione violenta e che va superata anche con la violenza.

In soldoni: se è giusta l’Intifada dei palestinesi allora è anche giusto il terrore per proteggere esseri viventi inermi. Se credi che un animale ha diritti come un umano allora va difeso. Con le buone o le cattive. Certo, preferibilmente, centomila volte con le buone. Ripeto per non creare malintesi: preferibilmente, centomila volte con le buone.

Una minoranza notevole anche tra coloro che mangiano carne odia la violenza verso gli animali: una contraddizione paradossale ma vera. Per esempio ho visto bambini sorbirsi mostruosi film di violenza. Uomini fatti a pezzi con seghe, cervelli divorati senza reagire. Nessuna reazione. Erano assuefatti alla violenza. Ma se gli stessi piccoli vedessero, in un film, un cane fatto a pezzi da un folle, la reazione sarebbe fortissima e non vorrebbero guardarlo.

Tempo fa, un bambino mi descrisse un film nel quale un uomo mangiava il cervello di un altro disgraziato. Se ho capito bene si riferiva al film di Ridley Scott, tratto da un romanzo di Harris, Hannibal, e descriveva Lecter, l’elegante gourmet che si pappava bistecche e cervella umane con fave e Chianti Ho visto lo stesso bambino, assolutamente indifferente all’orrore del cannibalismo di Hannibal, in lacrime davanti ad un topolino morto. La coscienza cambia.

Quando chiesi alla madre perché aveva lasciato vedere un film del genere ad un piccolo di dieci anni, la madre sorpresa, si arrabbiò molto: il bambino lo aveva visto di nascosto. Quello che mi meravigliò era l’assimilazione dell’orrore da parte del piccolo che raccontava con grandi dettagli le operazioni riguardanti il taglio del cervello di un uomo vivo come se si trattasse di un salame. Una descrizione degna del taoista Chuang Tzu mentre ci illumina sull’arte del macellaio. La cosa più naturale del mondo mangiare il cervello di un uomo vivo, ma la morte del topolino aveva gettato il bimbo in un angoscioso sconforto.

Quando mi sono rivolto ad amici e ad amiche inglesi, e ho chiesto: “Che ne pensate di un uomo che decide di eliminare torturatori di animali, sadici vivisezionatori, perversi e deviati cacciatori?” La risposta che ho ricevuto mi ha sorpreso. Su dieci persone, tre uomini e sette donne, la risposta è stata: “Ah …well …Good luck to him!”. Come per dire: “Bene! E’ tempo che qualcuno lo faccia!”.

Auspico una reazione violenta? No, ma vedo il buonismo come una debolezza. Oggi la lotta contro il male richiede risolutezza e determinazione. Arrendersi sempre davanti a chi usa violenza è un atteggiamento vile che conduce ad un’eterna sconfitta. L’esempio classico è che 700.000 cacciatori sono più forti politicamente di milioni di persone che detestano la caccia. E se mi si consente: più forti di 2.900.000 vegetariani e almeno 5.000.000 di animalisti.

Si, è vero: facciamo ridere!

Auspico una reazione violenta? No, ma dico: se qualcuno uccide un cucciolo abbandonato a colpi di spranga deve capire che rischia.

Il mondo cambia: il numero di persone che danno di fuori dalla gioia quando un torero è incornato è notevole. In Inghilterra è strepitoso. Quando Plan e la LAC ci informano che i cacciatori si sono sparati tra di loro molte persone provano una gioia simile all’estasi. Devo dire che – come Sensi, il presidente della Roma, al quinto pallino rifilato alla Lazio – anch’io urlo: godooooo! E un po’ me ne vergogno: una seria debolezza, una notevole mancanza di compassione.

Si, il mondo cambia: il Guardian ha pubblicato dati incredibili (cito fonti inglesi perché queste conosco vivendo in questo paese, e non per altri scopi).

Secondo le ricerche del Guardian il 9% degli inglesi è vegetariano; il 45% ha ridotto i consumi di carne e il 25% intende diventare vegetariano. In soldoni: il quotidiano britannico ci informa che quasi 14 milioni di inglesi pensano di diventare vegetariani. Lo shock di mucca pazza? Forse; ma anche la crescita coscienziale e l’attenzione verso la sofferenza animale. Se avete visto il film di Altman “Gosford Park” vi sarete resi conto di cosa significava essere vegetariano all’inizio del secolo. Un vegetariano all’inizio del secolo era un extraterreste, qualcosa di peculiare, malaticcio, nevrotico, strambo. Ed ora 14 milioni di inglesi stanno contemplando la possibilità di fare a meno della carne.

Ed ancora: il Guardian ci informa che il 36% degli inglesi è contrario all’utilizzo di animali per esperimenti scientifici – un balzo incredibile in pochi anni – e che i giovani tra i 18 e i 34 anni rappresentano il 44 – 47% di coloro che si oppongono allo strazio animale (la maggioranza considerando che chi accetta gli esperimenti, in quella fascia di età, è il 36%). Oltre i 65 anni i dati si capovolgono: favorevole il 59% e sfavorevole il 25%: se ne deduce che la vecchiaia oltre alle arterie indurisce il cuore.

Nell’Assassino Cherubico ho immaginato un uomo che confrontato dall’orrore inaudito e millenario del massacro fa quello che decine di migliaia di persone vorrebbero fare, ma non hanno il coraggio di fare: comincia a vendicare gli animali.

Federico Nadali si chiede: perché per millenni abbiamo massacrato e torturato gli animali e con che autorità? E la risposta che riceve lo spinge ad agire. Ho immaginato uno scenario del genere perché ho visto e ho ascoltato quello che molte persone dicono. Girando il mondo ho prestato grande attenzione a quello che dicevano; e penso che dal mondo anglosassone (o da quello scandinavo) qualcosa si manifesterà, improvvisamente, in questo secolo. Lo so con certezza? Assolutamente no, ma l’intuisco. E’ solo una profonda impressione.

E perché il mondo anglosassone?

Paragonate il numero di vegetariani inglesi al resto d’Europa e riflettete. E’ una mentalità differente. E la compassione ha i suoi limiti. Penso che sia inevitabile che in questo secolo ci sia una risposta violenta se non si risolve il problema della sofferenza delle creature viventi. Non lo auspico, perché il terrorismo fa paura, ma lo leggo nella logica consequenzialità degli eventi.

Perché?

Perché con la crescita del livello coscienziale l’idea che bisogna fare a pezzi un essere vivente per mangiarselo, digerirlo, defecarlo non può più essere recepita, assorbita dalla psiche evolvente. C’è un profondo rigetto. E comincia sempre tutto con una minoranza lacerata, confusa, ferita e spesso “casinara” e disorganizzata.

E’ impensabile che la psiche evolvente accetti che si continuino a buttare dai campanili somari vivi per la delizia della popolazione iberica con il prete benedicente. Come la psiche ad un certo punto dello sviluppo coscienziale non è riuscita più accettare l’idea che esistessero schiavi, così non accetterà più che altri esseri viventi siano torturati, massacrati, masticati, ingoiati e defecati.

Gli schiavi che andavano bene per Socrate, per Platone e per Aristotele, ad un certo punto della storia del mondo non andarono più bene, e la psiche occidentale, che aveva raggiunto un certo tipo di sviluppo coscienziale, rigettò l’idea che potessero esistere schiavi.

Il mondo anglosassone all’avanguardia dell’osceno mercato degli schiavi, che cominciò intorno al 1402, ad un certo punto decise, per l’evoluzione della coscienza, che quel traffico infame doveva finire. E lo fece finire: i neri che non avevano un’anima – come gli animali per il macellaio di Padre Pio – la riacquistarono dopo profondi sconvolgimenti e grandi conflitti. Nel 1807 il traffico osceno divenne illegale, dopo aver distrutto la vita di 20 milioni di africani in un Olocausto nel quale 10 milioni perirono e 10 milioni furono costretti a vivere come schiavi.

E lo stesso avverrà con la fame del mondo.

Ad un certo punto della storia del mondo l’idea che uno spazio della grandezza dello stadio dell’Atalanta o del Southampton si riempia di 30.000 bambini la sera per svuotarsi la mattina, a causa della loro morte per fame, malattie e stenti, per riempirsi nuovamente la sera e svuotarsi il mattino seguente, diventerà inaccettabile. La psiche lo rigetterà. La psiche rigetterà l’idea che 24.000 persone muoiano ogni giorno di fame in un mondo osceno di obesi, di yuppie, di ricchi depravati e di gaudenti deficienti. La psiche rigetterà l’idea che sia possibile accettare un mondo ove il 64% degli abitanti del Mississippi è sovrappeso e il 24% disperatamente obeso mentre, altrove, un bambino su tre non riesce a mangiare, uno su quattro vive con meno di un dollaro al giorno e uno su tre soffre per malnutrizione nei primi cinque anni.

I grandi problemi della fame nel mondo, del massacro animale, del contenimento delle nascite e del rispetto della natura saranno confrontati inesorabilmente in questo secolo con le buone o le cattive. Non c’è scampo. Una grande civiltà evolve nella compassione e nel rispetto di ogni forma di vita o si distrugge.

Per me è impensabile che un pianeta ipotetico nel braccio di Perseo, nella nostra galassia, che ha avuto un’evoluzione e una vita di mille anni superiore alla nostra, sguazzi ancora nel capitalismo selvaggio, nel cannibalismo specista, nella fame del proprio mondo, nella distruzione oscena delle proprie foreste e si avveleni con un folle traffico.

Una civiltà evoluta sarà socialista, democratica, antispecista e vegetariana e aborrirà ogni forma di violenza verso uomini, animali e piante.

Una civiltà avanzata contemplerà il mondo berlusconiano come un infimo prodotto di un medioevo “tecnologico” mediatico, come l’espressione della volontà di potenza che si esprime nell’egotico e rilucente squallore del vuoto fasto, dell’ignoranza e del lusso volgare. Di conseguenza?

Di conseguenza o le cose cambieranno o assisteremo a scenari da Esercito delle 12 Scimmie. Un film profetico che non va consegnato all’oblio ma va compreso e interiorizzato. Un film diretto in maniera espressionistica da Palin, quindi, sfortunatamente, poco comprensibile ma di chiara natura profetica.

Dietro la facciata buffonesca, dietro l’apparenza cialtronesca degli animalisti delle “12 scimmie” si agita qualcosa di letale che sprofonda la specie assassina nel ventre sotterraneo della terra restituendo il mondo agli animali e alle piante. E nel tempo di Bin Laden quella è una storia che dovrebbe far riflettere.

In breve tutto il cianciare piagnucolante e autoflagellante delle anime belle, dei figli della luce e dei “Jesus- vegetarian” verrà trasceso da atti che si svilupperanno per la crescita evolutiva della psiche. E lo sviluppo sarà pacifico o sboccherà nel terrore (e non sarà la follia di un pazzo, come quello squilibrato che ha ucciso Pim Fortuyn e che dicono sia un animalista).

Per quanto tempo ancora si dovrà sopportare il volo dell’asino iberico che si sfracella dal campanile durante una sagra?

Ad un certo punto qualcuno si chiederà: come è stato possibile accettare per millenni quest’orrore inaudito, tremendo, degenere? Come è stato possibile ignorare quest’oceano di sangue, di corpi massacrati e macellati, di torture indicibili, di vergogna, di orrore? Come è stato possibile accettare che un re inglese come Giorgio V massacrasse, durante le battute di caccia, un milione di uccelli all’anno, e la sera pregasse il suo Dio – gentleman in giacca tweed? Qualcosa, alla fine, scatterà.

Condivido l’idea del terrore descritta nel libro?

Sarebbe come chiedere a Dostoevskij (lo cito solamente come fulgido esempio di chiarezza): “Fedor Mihalovic lei massacra vecchiette usuraie con l’ascia come Rasko’l’nikov, l’antieroe di “Delitto e Castigo”? oppure: “Fedor Mihalovic la pensa come Stavrogin, il terrorista de “I Demoni”, riguardo al mondo?”

Io non ho mai sparato a nessuno; ho solo immaginato una situazione che esploderà nei prossimi anni, e l’ho proiettata, come il Bruce Willis delle 12 scimmie, nel tempo presente dell’italietta gaudente e berlusconiana. L’ho inserita nel mondo di Gasparri, Bossi, Taormina, Dell’Utri, Previti, Fede, Sgarbi e dell’immane Borghezio.

Perché?

Perché l’italietta berlusconiana di Gasparri, Bossi, Taormina, Dell’Utri, Previti, Fede, Sgarbi e dell’immane Borghezio è infinitamente comica, pittoresca, cialtrona e assurda. E si presta perfettamente come scenario apocalittico a quello che ho immaginato. Federico, nell’Assassino Cherubico, è un uomo scosso dall’orrore che ha veduto, agisce come migliaia di persone vorrebbero agire, ma non hanno le palle – scusate il francesismo – di farlo. E nell’agire, si copre, si occulta facendo credere che siano ipotetiche Brigate Verdi Internazionali ad eliminare i mostri. E questa mistificazione produce, incredibilmente, una proliferazione di Brigate, che operano secondo rigidi schemi di terrorismo selettivo. E fanno molto sul serio. Nadali è uomo oscillante tra il pacifismo dei “figli della luce” e il terrorismo futuro a venire (se verrà). E pensa come tanti. Ma a differenza di tanti agisce. E se pensate che “L’Assassino Cherubino” è violento, in realtà è quisquilie al paragone delle “12 scimmie” di Elizabeth Hand o di “Rainbow Six” di Tom Clancy.

Perché l’ho scritto?

Perché sono convinto che quello che racconto (in altri modi) avverrà anche se mi fa paura e non lo auspico e preferirei con tutto il cuore una soluzione pacifica. Ho solo descritto in una fiction romanzesca quello che il futuro potrebbe presentarci come reazione improvvisa e inaspettata alla violenza e al male.

Ho conosciuto gente che vive ai limiti di questa esperienza. In bilico tra l’agire e l’attendere. Come i monaci Zen che dicono che il Nirvana è a un dito di distanza dal naso così la violenza è vicina ai loro cuori disperati e impotenti. Qualcosa li trattiene ancora, ma non a lungo, e presto non sarà più possibile farlo e qualcosa succederà. E avverrà perché c’è gente che ha fretta. Avverrà se nulla cambierà. E questa, credete, è da parte mia, la scoperta dell’acqua tiepida.

Federico, il personaggio dell’Assassino Cherubico, è un serial killer pazzo o un angelo vendicatore? E i giovani che agiscono secondo i principi del terrorismo “selettivo” sono dei serial killer o degli angeli vendicatori?

Serial killer! Grida la maggioranza silenziosa della normalità pippobaudiana.

Serial killer! Grida la minoranza gandhiana.

Angeli vendicatori! Grida un mare di gente che ho incontrato, e che odia i torturatori come i bambini con i quali ho parlato.

E’ una deduzione logica ineccepibile: se io penso che gli animali sono esseri viventi e come tali vanno difesi perché non dovrei reagire all’orrore del perenne massacro come i palestinesi reagiscono, giustamente, alla sopraffazione di Sharon?

Penso anch’io quello che pensa Nadali?

Via signori … necessitano altri fulgidi esempi? “Signor Mann, ha venduto l’anima al diavolo come Adrian Leverkuhn nel suo Faustus?” “Signor Conrad, ha messo su anche lei, nel Congo, un miniregno barbarico da “Cuore di Tenebra” come Kurtz- Marlon Brando?” Io non ho mai sparato ai cacciatori. Però quando mi si pararono minacciosamente, davanti casa, con i fucili, in un alba brumosa, forse l’avrei fatto. Non posso negarlo. L’ho esperimentato sulla mia pelle. E’ a quei quattro idioti armati che devo il mio povero libro.

*****

Ripeto: solo un tipo di violenza è giustificato: quello dell’oppresso verso l’oppressore, e solo quando tutte le altre opzioni sono esaurite. Lo ripeto per chiarezza: solo quando tutte le altre opzioni sono esaurite.

E se l’oppresso non è in grado di difendersi, allora, un giorno, qualcuno lo farà. Come il mondo è intervenuto a Timor Est per mettere fine allo strazio, qualcuno un giorno prenderà le armi per difendere gli ultimi della terra, gli animali, e lo farà in questo secolo.

E vendicherà i tori massacrati nelle corride, gli asini lanciati vivi dai campanili iberici, i cavalli e gli altri animali torturati e deportati verso i macelli-lager, gli animali vivisezionati e violentati, i cani randagi uccisi a sprangate, i gatti perseguitati, gli uccelli trivellati dai proiettili, i mari e i fiumi avvelenati, gli alberi tagliati, gli elefanti massacrati, le foreste bruciate. E vendicherà tutti i deboli – umani o non umani – sopraffatti dalla violenza.

Paolo Ricci.