Lettera alla scrittrice Muriel Spark

Lettera alla scrittrice Muriel Spark
(Sugli avvelenamenti in Toscana)

Attenzione ANTONIO POLITO
La REPUBBLICA

Alla Sig.ra MURIEL SPARK

Castiglion Fiorentino, 24/04/99

Cara Sig.ra Spark,

dopo una lunga tribolazione, spero di aver scoperto il suo indirizzo e sono molto contento. Le scrivo questa lettera per ringraziarla della denuncia che ha sporto contro gli avvelenatori di cani. Le scrivo perché non sopporto più questa barbarie. Non riesco più a tollerare che avvengano queste nefandezze nella mia terra. Ed è importante che le autorità mettano, drasticamente, fine a questo orrore prima che qualcuno combini qualcosa di irreparabile. Non tutti gli italiani sono disposti ad accettare passivamente violenze verso un animale amato, qualcuno potrebbe reagire in maniera incontrollata. Se trovassi l’avvelenatore del mio cane non so quello che farei. Sono sicuro, per quello che sento, che questi assassini rischiano il linciaggio. Questa vergognosa pratica sta infangando il nome della Toscana e della Valdichiana.

Le denunce contro l’avvelenamento di animali con polpette avvelenate hanno ormai avuto un triste risalto nel mondo: la Valdichiana è identificata, a causa di un gruppo di delinquenti, come un’area di spietati avvelenatori di inermi animali. E’ incomprensibile che le autorità non intervengano e non si rendano conto dell’effetto devastante che hanno avuto queste accuse. E’ inconcepibile che gli albergatori della Toscana, e in particolar modo della Valdichiana, non comprendano che accuse di questo tipo, fatte sulla stampa estera e nazionale, danneggino l’area e le loro strutture a livello turistico. Lei, che ha subito l’orrore dell’avvelenamento di quattro cani, ha fatto benissimo a denunciare sulla stampa britannica e su Repubblica questi orrori.

Ho letto un’altra lettera che mi ha commosso, scritta da una studentessa su Repubblica: Barbara Cagli. In seguito alle sue denunce il Daily Mail e il Guardian hanno pubblicato servizi in prima pagina su questa vergognosa pratica. La Toscana e la Valdichiana sono apparsi come luoghi dove dei mascalzoni avvelenano povere bestie con bocconi di carne farcite con stricnina. La Televisione inglese ha trasmesso immagini di cani in agonia, mio figlio, inglese, che ha visto il programma, mi ha detto di aver provato una profonda vergogna per quello che veniva mostrato.

Devo dirle che quando ho letto degli operai ridenti davanti al suo cane in agonia mi sono vergognato anch’io di essere italiano.

Per fortuna qualcuno sta reagendo: Repubblica è all’avanguardia di questa lotta: Michele Serra, Antonio Polito e Forattini hanno evidenziato con forza questo orrore, denunciando, senza mezzi termini, queste orrende pratiche. Sono convinto che la caccia sia responsabile in gran parte di quello che accade. E’ inconcepibile che per l’egoismo di alcuni mascalzoni tutti debbano pagare e che sia diventato impossibile fare una passeggiata con il proprio cane per i boschi senza correre il rischio che venga avvelenato. E’ inaccettabile e vergognoso che in un paese civile avvengano queste mostruosità e che intorno a queste pratiche oscene sia stata eretto un muro di omertà che protegge incoscienti, che dopo aver messo i loro cani in recinti sicuri, avvelenano quelli degli altri.

Il silenzio stesso dei veterinari è spesso inconcepibile e odioso. I veterinari spesso sanno.

Il calo del numero dei cacciatori è sintomatico. Un’industria che con il suo indotto fattura oltre 6.000 miliardi dovrebbe essere più attenta e investire parte dei suoi introiti per controllare gli eccessi che con il tempo la distruggeranno. Va ricordato che le famiglie italiane ospitano oltre sei milioni di cani e otto milioni di gatti e che queste famiglie potrebbero formare, a causa degli eccessi dei cacciatori che avvelenano gli animali, una lobby potente che potrebbe attivarsi contro la caccia in maniera devastante. E questa lobby potrebbe riuscire dove fallirono i referendum del 1990 e del 1997 a causa del mancato raggiungimento del “quorum”. Mi capita spesso di ascoltare esternazioni di estrema violenza verso gli avvelenatori e verso i cacciatori. L’intero concetto della caccia va radicalmente ripensato: 900.000 cacciatori che vomitano 25.000 tonnellate di piombo contro inermi animali sono troppi, 100 milioni di animali uccisi sono troppi. Io sono romano, sono un vegetariano convinto e detesto la caccia e trovo barbaro lo sterminio di passeri, fringuelli, tortore, peppole, corvi. Trovo indecente lo sterminio di creaturine di 22 grammi. La caccia mi offende ed i toscani divorati da questa oscena passione li sopporto poco.

Non bastasse la caccia, in questo benedetto paese, c’è il flagello dell’ecomafia e della zoomafia, bisogna rendersi conto che quello che stiamo facendo in Italia agli animali è assolutamente vergognoso, barbarico. Combattimenti fra cani con 5000 povere bestie coinvolte, corse clandestine di cavalli, traffico di animali esotici, traffico della fauna selvatica: un osceno giro di 3000 miliardi secondo le ultime statistiche. A questo vanno aggiunti il sistematico massacro degli uccelli: due milioni morti o feriti a causa degli incendi dolosi provocati dai piromani.

L’altra sera “Striscia la notizia” evidenziava l’abbattimento di rapaci in Calabria a causa di pratiche superstiziose che dovrebbero proteggere per un decennio da eventuali tradimenti coniugali: cose inaudite in un paese civile. Ma lo siamo? A questo si aggiunge l’abbandono di animali, tra i 150.000 e i 300.000 all’anno. Un esercito di 650.000 randagi vaga per la penisola provocando con la loro povera morte 45.000 incidenti stradali all’anno. Un orrore senza fine.

La mia casa è diventata da tempo un centro di raccolta per animali abbandonati. La gente li abbandona nel mio giardino. Alcuni mesi fa ero finito con quattro cani e cinque gatti a causa della compassione che provo per le bestie. Una donna, che poi identificai, rintracciai e denunciai mi gettò nel giardino una cagnetta gravida.

Preso atto che mi è impossibile restare in Italia perché rischio di finire con un centinaio di animali, sto cercando disperatamente di rientrare a Londra, ove ho una casa a Wimblendon Park.

Scilla e Cariddi, Signora Spark: da una parte gli avvelenatori con le loro pratiche immonde, dall’altra la follia britannica della quarantena che imprigiona gli animali per sei mesi in anguste gabbie per timore della rabbia. Sfortunatamente ho una vecchia cagna e una vecchia gatta che non sopravviverebbero. Ho gatti e cani che uscirebbero insani dall’esperienza.

Quindi oscillo tra due orrori: la possibilità che le mie bestie vengano avvelenate e la prigionia che le ucciderebbe o le renderebbe folli. Nel frattempo tre gatti ed un cane sono morti. Sto spendendo una fortuna per non far finire le mie bestie in quarantena sperando che qualcuno non getti una micidiale polpetta tra i campi. Una condizione veramente invidiabile. I cacciatori dementi da una parte, il piccolo capitalismo dei canili inglesi, con i suoi osceni miserabili interessi, dall’altra.

Le dico la verità, Signora Spark, voglio andare a vivere in un posto ove non avvengono le nefandezze che lei ha evidenziato. Voglio trasferirmi in un paese ove un avvelenatore rischierebbe il linciaggio o la prigione. Ho già vissuto 23 anni in Inghilterra, conosco bene la sua nazione. Sto pensando alla Cornovaglia. Mi dicono che la quarantena sarà abolita. Spero che lo facciano presto Signora Spark!.

Ieri leggevo un libro intitolato: “Yossl Rakover si rivolge a Dio” di Zvi Kolitz. Un capolavoro di pochissime pagine. Nel piccolo manoscritto l’io narrante, l’ultimo ebreo combattente nel ghetto di Varsavia, lascia un messaggio finale in una bottiglia. Yossl attende la morte e riflette dopo lo sterminio dell’intera famiglia da parte dei nazisti. E’ solo, tutti gli altri combattenti sono caduti, scrive:

“… Le belve della foresta mi sembrano così amabili e care che è per me un profondo dolore sentir paragonare a belve gli scellerati che dominano l’Europa… non è vero che Hitler ha in se qualcosa di bestiale, è un tipico figlio dell’umanità moderna, ne sono profondamente convinto. E’ stata l’intera umanità a generarlo e a crescerlo, ed egli è il più sincero interprete dei suoi desideri. In un bosco dove mi ero nascosto, incontrai un cane malato, famelico, forse anche impazzito, con la coda tra le gambe. Entrambi sentimmo subito la comunanza, se pure non la somiglianza della nostra condizione, infatti la condizione dei cani è certo di gran lunga superiore della nostra. Si appoggiò a me affondò la testa nel mio grembo e mi leccò le mani. Non so se ho mai pianto come in quella notte: mi gettai al suo collo e scoppiai in singhiozzi come un bambino. Quando affermo che allora invidiavo le bestie, non c’è da stupirsi, ma ciò che provai in quel momento era più che invidia, era vergogna. Mi vergognavo davanti al mio cane di non essere un cane, ma un uomo…”

Mentre leggevo queste parole, pensavo ai suoi poveri cani avvelenati, Signora Spark, e ho provato anch’io la vergogna di essere un uomo e di appartenere alla specie che ha generato gli sterminatori del Kosovo: gli Arkan, i Mladic, i Seseli, ma anche gli avvelenatori dei suoi cani e gli operai ridenti davanti al suo Raoul in agonia.

Un caro saluto.

Paolo Ricci.