Lettera a Veltroni: Gli alberi di Roma

Lettera a Veltroni: Gli Alberi di Roma

P. RICCI
KEW COTTAGE
LANGLEIGH
ILFRACOMBE
DEVON
EX348BG
U.K.
E Mail: ricci@esperia.fsnet.co.uk

Ilfracombe 18.10.07

Caro Veltroni,

sono un romano che vive in Inghilterra, nel Devon, ma che ritorna spesso nella sua città.
Ultimamente sono rimasto estremamente sorpreso dal taglio degli alberi a Roma.
Li ho osservati con grande attenzione e ho avuto l’impressione che l’operazione della potatura fosse stata eseguita da “cow boy” esperti in attività di macelleria e non di giardinaggio.

Forse sarebbe un gran bene se il suo universale “buonismo” fosse esteso e concesso anche al verde e agli alberi di Roma.

A che serve prendere parte ad attività organizzate dai Verdi come la “Festa del Sole” se poi si ignora la salute dei grandi alberi della città che, già afflitti dalle esalazioni mefitiche del traffico cittadino, sono anche esposti alle manipolazioni di incompetenti che conoscono l’arte della potatura quanto io conosco il cinese “mandarino” o la lingua dei mongoli?

Piante secolari, alberi rari, ogni forma di vita in un parco naturalistico e storico come Villa Pamphili –
che dovrebbero essere curati da forestali, botanici e giardinieri esperti – sono in mano a cow boys, ditte generiche e cooperative di operai.

E’ veramente triste osservare come questi alberi, una volta gloriosamente verdeggianti, siano diventati miserevoli e desolati. Un tempo le loro fronde proteggevano la città dalla calura, ora sembrano scheletri che si ergono tra le emanazioni tossiche dell’avvelenata città.

Ho saputo che quando alcune associazioni di cittadini, sorte in difesa degli alberi, hanno cercato di capire cosa stava accadendo si sono confrontate con dei consiglieri provinciali che non comprendevano il problema e sembravano in ben altre cose affaccendati.

Non è difficile capire le ragioni di tutto questo: con gli appalti per le potature e nella gestione delle ville storiche si muovono milioni di euro. In questo giro d’affari sono conniventi: amministratori, appaltatori e chi taglia e chi ripianta gli alberi. Queste operazioni ricordano la speculazione sugli incendi che creano un’oscena simbiosi tra chi brucia e chi ripianta, chi devasta e chi guadagna dalle attività di rimboscamento.

Mi risulta che il legname ricavato dagli alberi abbattuti lungo le strade della città o nelle ville storiche sia regolarmente venduto come legna per fuoco.

E’ bello, però, vedere che la sensibilità cittadina si stia concentrando sul problema dell’ambiente e degli animali. E penso che se queste associazioni avessero l’intelligenza di creare una “lobby” ambientale – animalista potrebbero farsi ascoltare con più attenzione, e il fatto che non lo abbiano ancora concretizzato è una cosa, a mio modo di vedere, desolante e insana.

In questo paese 730.000 cacciatori sono più presenti politicamente di milioni di animalisti e di vegetariani.
Gli sterminatori di tutto ciò che vive nelle campagne sono coccolati, da voi politici, più di milioni di animalisti. Nel suo ex partito, che fu anche il mio, esisteva l’Arcicaccia ma non l’Arcianimali.
Davate – e darete spazio nel nuovo PD – a coloro che massacrano ma non a coloro che rispettano ogni forma di vita.

Resta un fatto: se animalisti e difensori degli alberi riuscissero a unirsi politicamente per le loro rivendicazioni creando una loro “lobby” o un movimento, allora, li ascoltereste.
Ma dal momento che non lo fanno, voi li ignorate.

Questo è, dopotutto, il paese ( e lei non immagina che impressione faccia osservare la cosa dall’estero) che ha concesso il Ministero della Giustizia ad un grottesco ricattatore politico che gestisce un misero 1,4% del voto nazionale. E immagino che quel milione di voti, elargito – incredibilmente – dal popolo italiano, sarà ulteriormente ridotto dai suoi spregiudicati e buffoneschi interventi.

In nuce: nel nostro paese si ascolta, politicamente, solo chi riesce a fare un grande casino, chi minaccia, ricatta e vive di voti corrotti. Quelli che con competenza, educatamente protestano per le cose giuste, sono sfrontatamente ignorati, finché non si arriva a una mezza rivolta alla Grillo e allora le cose cominciano a cambiare.

Ce ne vorrebbero migliaia nel nostro paese di Grillo, di Travaglio e di Santoro. Altro che antipolitica!

Essendo l’Italia, il paese della spartizione dei posti di lavoro secondo la logica del manuale Cencelli non sorprende che coloro che dovrebbero curare gli alberi siano, invece, incompetenti che risolvono il problema della potatura con operazioni di spietata macelleria.

Un famoso giardiniere romano, Ippolito Pizzetti, chiamava gli italiani dendrofobi. .
E ci prendeva.

Io li chiamerei anche piromani e avvelenatori di animali avendo seguito quello che è avvenuto in Abruzzo con gli orsi ed essendo stato testimone – quando vivevo in Toscana – di scene odiose. In quell’occasione denunciai gli avvelenamenti nei campi degli animali con stricnina e le scrissi una lettera, cosa che Lei regolarmente ignorò.

A Roma la gestione del verde non è regolamentata:

• il 50% degli alberi muoiono per incuria
• c’è un assoluto disinteresse per il patrimonio di alberature antiche: si eliminano alberi antichi considerati erroneamente vecchi
• si distruggono alberi adulti con capitozzature drastiche e irreversibili
• si attuano potature drastiche e regolarmente fuori stagione

Il 31 Agosto, in un solo giorno, in via Abate Ugone, a Monteverde, dove abito quando ritorno a Roma, sono stati abbattuti 70 alberi di robinie che avevano almeno 40 anni. Erano stati definiti pericolanti, ma il vero motivo è il rifacimento di un marciapiede.

Il Dipartimento X alle politiche ambientali del Comune di Roma, che come lei sa bene aderisce al protocollo di Kyoto, ha annunciato nel suo sito istituzionale “interventi considerevoli che abbelliranno importanti strade cittadine e contribuiranno a rendere più salubre l’aria” e all’abbattimento di Co2 grazie alla piantumazione di olmi e farnie al posto della “vecchia alberata ormai distrutta” composta in gran parte da robinie che per qualche ragione vengono sempre eliminate.

Da quello che mi risulta sono stati distrutti stupidamente:

• pini marittimi: in via G.B.Marino.
• catalpe californiane: in via Guinizzelli, in largo Oriani e in largo Leti
• prugni selvatici: in via Lorenzo Valla
• robinie: in via Innocenzo X
• olmi antichi: in via di Donna Olimpia, in piazza San Giovanni di Dio, in via di Villa Pamphili e in via di San Calepodio.

Il motivo dispensato dalle autorità è sempre lo stesso: la pericolosità degli alberi malati e la salvaguardia dei cittadini.

Mi è stato spiegato da un giardiniere che per ogni albero adulto tagliato ci vogliono nove nuovi alberi giovani per riprodurre lo stesso ossigeno.

I cittadini – da quello che ho capito parlando con loro – auspicano:

• una gestione seria, attenta e più competente del verde con potature accurate nel periodo consono per la pianta.
• l’eliminazione dei tronchi mozzati che lasciati giacere per anni si trasformano in ricettacolo di spazzatura.
• il coinvolgimento di esperti nella cura degli alberi che vivono lungo le nostre strade e nei parchi
• essere informati prima degli abbattimenti rendendo le motivazioni degli abbattimenti pubbliche.
• che gli appalti per le potature siano gestiti da cooperative di giardinieri e botanici esperti e non da amici dei politici che concedono la gestione del taglio a macellai
• che gli alberi tagliati siano ripiantati e curati.

Un inglese, Roger Deakin, ha scritto un libro dichiarando che i nemici degli alberi sono i nemici dell’umanità. Deakin, prima di morire di un tumore al cervello, se ne andava in giro per il mondo a studiare le piante, visitando boschi e foreste dal Sutton al Kyrgyzstan. Ed è stato un vero crociato delle piante, un grande difensore delle foreste e dei boschi che lui definiva il “quinto elemento”.

Le donne indiane del movimento Chipko che si battono contro la deforestazione abbracciano gli alberi per salvarli dall’abbattimento, e i Bishnoi, un popolo indiano di 6 milioni di anime che considera gli alberi sacri, ha spesso subito massacrati per difendere le foreste.
Ho letto, giorni fa, che un cittadino fiorentino, Antonio Laganà, è salito sulla forcella di un bagolaro e lo ha protetto col suo corpo.
A Londra un pensionato inglese si è suicidato quando i suoi amati olmi sono stati abbattuti.
A Roma, nel settembre del 2006, ho visto un gruppo di cittadini difendere strenuamente un grande pino a Piazza San Giovanni di Dio.

Le cose cambiano: le sensibilità si affinano.

Sia gentile, lasci perdere i Kennedy per una decina di minuti e abbracci, col suo immenso “buonismo” anche le piante e il verde di Roma, e faccia porre fine all’ignobile massacro perpetrato da macellai armati di seghe elettriche che ricordano il serial killer del “Texas chain saw massacre”, un vecchio film americano, che lei sicuramente conosce.

Distinti saluti

Paolo Ricci.