Lettera a Luigi Scalfari

Lettera a Luigi Scalfari
(Riflessioni sulle contraddizioni del pacifismo
di fronte alle guerre e i genocidi moderni)

Castiglion Fiorentino, 10/05/99

Sono un uomo di sinistra favorevole ai bombardamenti della Nato, e se fosse necessario all’intervento di terra, anche se mi auguro che questo pericolo sia scongiurato. Sono favorevole agli interventi esterni, alle “ingerenze umanitarie”, perché penso che è tempo che una forza internazionale ponga fine ai massacri, ai genocidi, alle pulizie etniche e alle oppressioni di ogni tipo.
Desidero con tutto il cuore che svaniscano dalla faccia della terra i Milosevic, i Mladic, i Duvalier, i Pinochet, i Suharto, i Seselji, i Trujillo, i Dinko Sakic, i Karadzic, gli Arkan, i Roshmann, gli Hudal del mondo e i loro aguzzini. Desidero che non esistano più su questa povera terra campi di sterminio come quelli di Choeung Ek, Murabi, Buchenwald, Treblinka, Jasenovac, Mauthausen. Desidero che siano processati le SS, i Tigrovi, le Aquile, gli Ustascia, i Tonton Macoutes, gli Hutu, i Khmer rossi e gli sterminatori del mondo. Ho il massimo rispetto per uomini come Ingrao, Bertinotti, Cossutta e gli altri pacifisti, che lei cita, ma non capisco le loro posizioni. Desidererei leggere e capire le sue e le loro risposte alle mie domande. Non lo faccio per spirito polemico, ma per ignoranza, perché non ricordo quello che la sinistra pacifista disse e scrisse riguardo gli eventi indicati.

Ecco le mie domande:

1) Cosa dissero i pacifisti quando nel 1979 le forze della Tanzania e dei ribelli ugandesi misero fine al mostruoso regime di Idi Amin con un intervento esterno (una chiara “ingerenza umanitaria”)?

2) Cosa dissero i pacifisti quando nel dicembre del 1978 il regime di Pol Pot, che aveva massacrato oltre un milione di Cambogiani, fu rovesciato da una forza militare composta da vietnamiti e cambogiani appartenenti al Fronte di liberazione diretto da Heng Samrin?

3) Cosa dissero i pacifisti quando, nel 1979, i francesi misero fine al delirio megalomane di Bokassa, autoproclamatosi imperatore della poverissima Repubblica Centroafricana, destituendolo con un intervento militare?

4) Cosa dissero i pacifisti quando i cubani e i russi intervennero in Angola per sostenere la MPLA che combatteva contro UNITA che utilizzava mercenari europei e americani e aveva l’appoggio di forze sudafricane?

Immaginiamo cinque ipotetici scenari di “ingerenza umanitaria”.

A) Cosa avrebbero detto i pacifisti se una potenza limitrofa avesse abbattuto il regime vergognoso di Papa Doc che insanguinò Haiti con pratiche barbariche (un misto di voodoo, magia nera e di estrema repressione) che lo mantennero al potere dal 1957 al 1971? Avrebbero protestato i pacifisti se Papa Doc fosse stato deposto da forze cubane che avrebbero posto fine al terrore dei Tonton Macoutes e liberato Haiti?

B) Cosa avrebbero detto i pacifisti se forze dell’Angola, della Tanzania e dello Zimbabwe fossero intervenute militarmente in Ruanda, nel 1994, per metter fine ai massacri degli Hutu (800.000 persone massacrate in cinque mesi) e far tacere “Radio des Milles Collines” che incitava spietatamente ai massacri? E’ importante ricordare che “Radio des Milles Collines” era uno strumento malvagio, esecrabile che incitava al genocidio in quel disgraziato paese. E se ricordo bene, la radio era diretta da un italiano. E’ ugualmente importante ricordare che la televisione di Milosevic è uno strumento perverso perché occulta la pulizia etnica e i massacri. Avrebbero risposto i pacifisti: “Sono affari interni del Ruanda. Anche se gli Hutu massacrano, a colpi di machete, tutti i piccoli Tutsi noi non possiamo intervenire, si ribelli il popolo”. Avrebbero risposto così?

C) Cosa avrebbero detto i pacifisti se gli americani, illuminati miracolosamente dalla luce del Signore, fossero intervenuti militarmente in Cile per porre fine alla dittatura di Pinochet, restaurando la democrazia? Avrebbero detto che è un’ingerenza inaccettabile negli affari di uno stato sovrano?

D) Cosa avrebbero detto i pacifisti se una forza internazionale avesse impedito l’annessione del Tibet da parte della Cina nel 1950? Avrebbero detto: “L’intervento non è giustificato perché la Cina sta rovesciando una teocrazia radicata nell’oscurantismo medievale”? Non era un’ingerenza esterna quella della Cina che invadeva uno stato sovrano?

E) Cosa direbbero i pacifisti se una forza panaraba o panafricana intervenisse in Sudan per metter fine al genocidio infinito degli animisti che abitano nel sud di quel paese? Direbbero: “Questo non lo potete fare, lasciate che il massacro continui!”?

Ma i pacifisti hanno assolutamente ragione su un punto e bisogna dargliene atto. Dopo l’intervento della NATO nel Kossovo e in Serbia le cose dovranno radicalmente cambiare.

Quello che vale per Sparta deve valere anche per Atene.

Se l’UCK è un fronte di liberazione, il PKK curdo non può essere un’organizzazione terroristica. Dire che la Turchia, che sta perpetrando un genocidio contro il popolo curdo, non possa essere messa sotto accusa perché membro della NATO mi sembra mostruoso e avvilente.

La Turchia si è spesso distinta per indicibili orrori, basti ricordare lo stermino del popolo armeno nel 1915, che fu tra le prime “pulizie etniche” del secolo. Un “enclave” cristiana chiusa in un cerchio di etnie turcofane – musulmane fu strappata con la forza dalla propria terra e sospinta verso il deserto mesopotanico.

Prima l’eliminazione dei maschi attraverso l’obbligo di leva, poi l’espulsione della rimanente popolazione con l’intento di distruggerla spingendola verso il deserto, verso ignota destinazione. I bambini armeni trasformati in schiavi e concubini, le donne violentate: una soluzione finale che produsse un milione e mezzo di morti. I sopravvissuti furono solo cinquecentomila. Un vero e proprio olocausto coperto dal velo dell’oblio malgrado la tardiva denunzia del Parlamento italiano (mozione di G. Pagliarini della Lega firmata da cento parlamentari di tutti gli schieramenti.).

Un’ultima domanda ai pacifisti: perché protestate tanto per le bombe sulla Jugoslavia e parlate pochissimo di uno dei casi più aberranti della storia moderna?

Non ho mai sentito Bertinotti, che appare continuamente in televisione, accennare ai massacri di Timor Est. Trasmissioni di attualità come Pinocchio e Moby Dick non li hanno neanche sfiorati. Nulla di nulla. O molto poco.

Quello che è avvenuto nell’isola di Timor è semplicemente inaudito.

L’isola si trova nell’arcipelago della Sonda, nel Pacifico sudorientale ed è a soli 400 chilometri dall’Australia. La parte orientale dell’isola è stata parte dell’impero portoghese dal 1586 al 1976.

La parte occidentale è sempre stata indonesiana. Dopo la rivoluzione lusitana del 25 aprile 1974 le cose cambiarono a causa della visione antimperialista dei militari che avevano conquistato il potere. A causa del disfacimento dell’impero portoghese, il 7 dicembre 1975, le forze di Suharto invasero l’isola, che fu annessa dall’Indonesia con il consenso di Lisbona e con il “placet” americano. Terre lontane, quindi inesistenti nella logica occidentale.

Gli americani non mossero un dito. In Italia nessuno sapeva niente di Timor, e anche adesso la gente sa ben poco. Se chiediamo agli italiani che cosa è accaduto a Timor dal 1975 al 1999 forse solo il 3% conosce i tragici fatti.

Per combattere l’annessione indonesiana la popolazione di Timor creò un fronte di liberazione chiamato FRETLIN che ha combattuto e sta combattendo per l’indipendenza.

Quello che è avvenuto in quelle terre lontane è semplicemente agghiacciante: un terzo della popolazione di Timor orientale è stato massacrato dall’invasore indonesiano. Su una popolazione di 600.000 abitanti 200.000 sono stati uccisi dalle forze di Suharto.

Immaginando una situazione analoga in Italia: un ipotetico invasore avrebbe sterminato 19 milioni di italiani. Considerando il numero di abitanti per chilometro quadrato il genocidio di Timor Est è più grande di quello perpetrato dalle forze di Pol Pot in Cambogia.

Per renderci conto dell’enormità immaginiamo un altro ipotetico scenario: Gheddafi decide di annettersi Malta. Le truppe libiche conquistano l’isola, i maltesi resistono e le truppe nordafricane sterminano 133.000 persone, l’equivalente di un terzo della popolazione (Malta ha una popolazione di 400.000 abitanti).

Immaginiamo le reazioni che si scatenerebbero nel mondo, nel Regno Unito, nell’Europa, in Italia, in America: seguirebbe un immediato intervento armato. Immaginate quello che scatenerebbero gli inglesi sulla Libia, se Gheddafi occupasse Malta. E se sono intervenuti per le Falkland, rocce lontane, battute dai venti e abbandonate da Dio, immaginate quello che farebbero per l’isola nel Mediterraneo.

Immaginate il fermento italico e siculo e l’incontenibile reazione dei media.

Ma Timor Est è una terra lontana e gli abitanti dell’isola non sono europei. Anzi non sono neanche bianchi. E se noi ce ne fottiamo dei curdi, che sono abbastanza vicini, immaginate che cosa ce ne importa degli abitanti di quell’isola sperduta nel Pacifico.

I turisti arrivano fino a Bali e lì si fermano.

Inoltre Timor non ha il Dalai Lama con la sua religione esoterica e con il suo il Libro dei morti che la possono rendere cara ai divi di Hollywood che per il Tibet hanno scosso l’Acheronte.

E’, inoltre, importante ricordare che la nazione che ha perpetrato il genocidio di Timor ha un odioso passato di sangue.

In Indonesia, nel caos del 1965 – 67 che produsse il regime di Suharto, mezzo milione di comunisti e simpatizzanti del PKI furono massacrati da estremisti di destra e dall’esercito.

Mezzo milione di persone perirono per quella purga sanguinosa. Lo stesso regime e gli stessi militari, che massacrarono i comunisti e i loro simpatizzanti, hanno massacrato 200.000 persone a Timor.

Quello che sta emergendo dalle brume dell’oblio e dell’indifferenza è che il governo australiano del laburista Gough Whitlam era minuziosamente informato dei piani segreti di Suharto per l’invasione dell’isola dal 1975. E che il socialista Whitlam, considerato un difensore dei piccoli stati, si accordò con Giacarta dal momento che considerava Timor “economicamente troppo appetibile” per i giacimenti di petrolio e di gas che si trovano in fondo al mare. La CIA diede il consenso per l’invasione: moltissime ambasciate erano informate delle intenzioni di Giacarta. Nel 1976 Malcolm Fraser, primo ministro australiano, riconobbe l’annessione indonesiana, malgrado il solito inane chiacchiericcio dell’ONU e la sua inefficace condanna. Dopo la condanna delle Nazioni Unite, nel novembre del 1991, i militari indonesiani massacrarono, nuovamente, 400 persone nel cimitero di Santa Cruz nella città di Dili.

Terre lontane, Scalfari, oltre l’orizzonte della psiche occidentale.

La mia domanda è questa: perché il Kossovo e non Timor Est?

Perché i pacifisti non hanno mai dato la dovuta importanza a questi terribili, sconvolgenti eventi in quella terra lontana? Sì, hanno scritto su questo orrore ma troppo poco.

Certo, quello che vale per la Serbia deve valere per la Turchia, per l’Indonesia, per il Sudan e per gli altri stati massacratori e per i loro tiranni assassini. Blair è stato chiaro e speriamo che possa essere preso in parola: “Atti di genocidio non possono mai costituire una questione puramente interna.” Ed ancora: “Abbiamo appreso per ben due volte in questo secolo, che la pacificazione non serve (…) stiamo assistendo al sorgere di una nuova dottrina internazionale”.

In parole povere: una dottrina che porterà all’abbattimento di tutte le tirannie che massacrano popolazioni inermi e che eseguono pulizie etniche.

Così almeno dice Blair.

Distinti saluti.

Paolo Ricci