Caro Direttore. Commenti a “Cina. Una scimmia “in arresto” nella stazione di polizia di Tianjin: ha morso due passanti al mercato locale”

Sezione: Racconti

Caro Direttore. Commenti a “Cina. Una scimmia “in arresto” nella stazione di polizia di Tianjin: ha morso due passanti al mercato locale”

Giuliano Sadar

Caro Direttore,

dopo i sinceri complimenti per il giornale, migliore e più combattivo del partito di riferimento, ecco ciò che mi ha spinto a scriverle.

Il giorno martedì 3 settembre, l’Unità ha pubblicato a pagina 31 l’immagine di una povera bestia, una scimmia, in manette, dall’espressione fra il disperato e il sorpreso, quasi “umana”.

La didascalia diceva: “Cina. Una scimmia “in arresto” nella stazione di polizia di Tianjin: ha morso due passanti al mercato locale”.

Lei Direttore sa quanta “ideologia” ci può essere nel pubblicare una foto, nel non pubblicarla, nel darle un certo taglio, o sostituirla con un’altra e, non ultimo, nella scelta della didascalia.

Foto e didascalia in questione per chi di voi ha “chiuso” quella pagina facevano parte della categoria “curiosità”, “colore da mondi lontani”.

Per me invece era una notizia. Incompleta. Terribilmente incompleta. Specie dopo aver fissato gli occhi disperati e consapevoli dell’animale. Dato che Tianjin non è a latitudine tropicale, mi sono chiesto ad esempio cosa faceva una scimmia in un mercato. Era al guinzaglio di qualcuno? Era stata portata per essere venduta, magari uccisa e mangiata? Questo voi lo tacete. Poi mi sono chiesto come mi sarei difeso io, in una situazione del genere. O lei, caro Direttore, o qualcuno dei suoi bravi redattori. Non molto diversamente, credo, e forse peggio che con due morsi.

Bene getto la maschera. Io sono uno di quelli che vengono chiamati “animalisti”. La mia misera visione del mondo ritiene che gli esseri non umani appartengono alla categoria degli “ultimi” nel mondo di oggi. Uccisi a milioni dopo brevi vite negli allevamenti intensivi, allontanati dalle madri, massacrati da moltissimi “compagni” cacciatori, torturati nei laboratori di sperimentazione, importati nelle nostre case per i nostri puerili bisogni d’”esotico”, venduti nei mercati, abbandonati a morire sulle strade, negli stagni e nei fiumi quando diventano troppo grandi e ingombranti.

Sono rimasto quindi amareggiato, ma non stupito nel vedere quella foto martedì sfogliando il giornale. Non stupito perché so ormai che la sensibilità della sinistra nei confronti dei “non umani” è meno che zero. La sinistra non riconosce solidarietà ai “non umani”, né lo status di fratelli minori sfruttati e vilipesi, fratelli perché inquilini comuni in una terra che l’uomo si è preso “usu capione” senza il permesso di alcuno. Dove tutti, sia noi “umani” che i “non umani”, siamo destinati a passare senza lasciare più o meno traccia.

Giacomo Leopardi aveva “visto” una solidarietà universale senza confini di specie e stadio evolutivo. Il pensiero antropocentrico del cattolicesimo e delle religioni monoteiste da una parte, il razionalismo cartesiano dall’altra, hanno invece portato l’uomo a una concezione utilitaristica dove l’uomo utilizza l’ambiente e i suoi abitatori per i suoi scopi.

Sarebbe bello che la sinistra, finalmente, incominciasse a interrogarsi su ciò. Dopo la tanta fatica per “digerire” i problemi dell’ambiente, potrebbe essere l’ora di considerare i non umani che l’ambiente lo popolano. Non nell’ottica di “specie” da salvaguardare, ma in quella di esseri capaci di provare dolore, paura, angoscia al pari degli umani.

Certo, a chi frequenta le feste dell’Unità e si pappa gioioso cosce e ali di pollo, non passa per la mente che questi animali vengono allevati dentro hangar dove la luce rimane accesa per 24 ore, imbottiti di antibiotici e antidepressivi per lo stress, e che vengono macellati dopo 40 giorni in cui raggiungono dimensioni come avessero sei mesi. A nessuno dei “compagni” passa per la mente che queste povere bestie vengono sfruttate proprio nell’ottica di quello sfruttamento dell’”altro” che lo stesso pensiero della sinistra dovrebbe combattere.

Non si chiede che il mondo cambi d’un tratto usanze e culture radicate. Ma che prenda piede un’altra consapevolezza, sì. Potreste iniziare voi. Avvicinando a voi quel milione e mezzo vegetariani e i tantissimi animalisti che non trovano un giornale in cui riconoscersi almeno un po’.

Un cordiale saluto

Giuliano