Il Cardinal Biffi e l’Anticristo di Soloviev

a cura del Collettivo Rinascita Animalista

Il cardinale Biffi ha predicato gli esercizi spirituali della Quaresima del 2007 alla Curia vaticana e al Papa Benedetto XVI. Nell’occasione, tra l’altro, ha proposto una meditazione prendendo a pretesto il racconto dello scrittore e filosofo del XIX secolo Vladimir Sergeevic Soloviev che ruota intorno alla figura dell’Anticristo. Tale riflessione risulta piuttosto interessante per i suggerimenti che fornisce sulla natura della Chiesa Cattolica e, per estensione, del Cristianesimo. Proponiamo il commento del Cardinale Biffi (punto 1) a cui seguiranno le nostre considerazioni (punti 2-3-4).

* 1 – Le meditazioni del Cardinale Biffi *

L’esordio della riflessione parte dalle illusioni della fine del XIX secolo rispetto al futuro dell’umanità. L’immaginata pace e la prevista prosperità sono, per chi ha potuto sperimentare le vicissitudini del “secolo breve” una amara e dolorosa beffa. Due guerre mondiali e la gestazione di un’infinità di conflitti tutt’ora perduranti inducono a riflettere sull’ingenuità di quelle illusioni. Così, il Cardinale ha buon gioco a presentare la visione opposta del filosofo russo che, con spirito profetico, aveva immaginato il tragico portato dei tempi che si sarebbero succeduti. Ma Soloviev fa di più. Non soltanto immagina le violenze che sarebbero sopraggiunte, ma consegna a un racconto una sorprendente profezia: alla fine, l’Europa, stanca dei grandi conflitti, avrebbe portato epilogo ai drammi umani per mezzo della formazione di una grande unione politica tra gli stati. In tali sviluppi, però, i sorprendenti progressi della scienza, lungi dal risolvere i problemi dell’uomo, avrebbero decretato il “completo fallimento del materialismo teoretico”.

A tale disfatta di civiltà non sarebbe seguita comunque una ripresa della spiritualità e la rinascita della fede, come nel passato è talvolta accaduto. Soloviev immagina che il caos dei tempi tumultuosi avrebbe generato un’ulteriore caduta nel vuoto dell’incredulità, nel rifiuto delle Scritture e nella diffusione dell’ateismo. In questo vuoto si sarebbe inserito lui: l’Anticristo!

La meditazione di Biffi bypassa gli elementi descrittivi delle situazioni del racconto essendo interessato a riprendere l’intento diretto di Soloviev: raccontare la figura dell’Anticristo e il suo ruolo particolare negli Ultimi Tempi prima della Parusia.

Quest’uomo, l’Anticristo che aveva portato la pace tra gli uomini, era un autentico spiritualista, uno studioso delle scritture, un benefattore sincero dell’Umanità che dava “altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di attiva beneficenza”. Egli aveva conquistato il cuore degli uomini di tutto il mondo con un testo dal titolo: “La via aperta verso la pace e la prosperità universale” in cui riprendeva le perle di saggezza del passato inserendole in un vasto programma di riforme sociali e politiche in cui l’interesse generale era ben integrato con il rispetto dell’individualità. In esso si fondevano in modo mirabile “il più elevato idealismo in fatto di principi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzioni pratiche”.

Aveva un grosso problema. Non credeva in Cristo. O meglio, non credeva nella natura divina di Cristo ritenendolo un importante saggio che, insieme a altri, aveva dato luogo a un processo storico culminato con la sua opera definitiva. Insomma, considerava Cristo uno dei suoi precursori negandone la natura divina.

Ma questo strabiliante personaggio non sarà soltanto un riferimento ideale, ma assurgerà, come un novello imperatore, alla guida dell’umanità tutta. In poco tempo potrà dire di aver mantenuto la sua principale promessa: la pace universale. In questo ruolo darà ampia dimostrazione della sua eccezionalità. Non solo avrà conquistato il bene più prezioso, la pace, ma riceverà dalla sorprendente intuizione di Soloviev, quei tratti di cui si discute tanto oggi: l’ecumenismo, l’ambientalismo e persino l’animalismo. Biffi usa coscientemente dei neologismi, ma il testo del filosofo russo non lascia dubbi.

“Il nuovo padrone della terra – era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione e sottopose i mattatoi a una severa sorveglianza; le società protettrici degli animali furono da lui incoraggiate in tutti i modi”.

Questo per quanto riguarda l’animalismo. Ma anche sul piano dell’ecumenismo l’Anticristo svolgerà una funzione esemplare ponendo fine in modo decisionista alle diatribe tra diverse confessioni. “Se non siete capaci di mettervi d’accordo tra voi – dirà ai convenuti dell’assise ecumenica – spero di mettere d’accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimo amore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione di ciascuno”. Perciò concederà a ognuna di esse quanto ritenuto soddisfacente generando così la pace tra le fedi.

La sua illuminata azione provocherà la riconoscenza dei fedeli delle varie dottrine religiose i quali, colpiti dal carisma dell’Anticristo, rimarranno ingannati da un “ecumenismo esteriore” e fondamentalmente vuoto di contenuti. Ma per fortuna nell’ombra e nel silenzio piccoli gruppi di cattolici, ortodossi e protestanti si riuniranno in un’unica chiesa sotto il primato (sic) dell’ultimo papa, Pietro II, portando a termine “l’ecumenismo della verità”. Ma quest’unione ritrovata nella “verità” avverrà alla fine dei tempi. Infatti di lì a poco apparirà, in un folgorante squarcio nel cielo, “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”

Con la critica al pacifismo, all’ecumenismo e – per mezzo di espressioni ante litteram – all’ecologismo e all’animalismo si apre la riflessione del cardinale che fino a questo momento era rimasta coperta dietro il racconto. Invero la posizione del cardinale si era già adombrata con il sostegno aperto verso la polemica di Soloviev contro il pacifismo e la non-violenza di Tolstoj.

Quanto al pensiero sulla guerra nel senso più comune e ovvio del termine, ricordiamo che il primo dei tre dialoghi solovëviani è tutto dedicato alla critica del pacifismo tolstojano e della dottrina della non-violenza. La guerra – vi si afferma – è certamente un male, ma bisogna riconoscere che, sia nella vita dei singoli sia in quella delle nazioni, si danno situazioni in cui alla violenza malvagia non basta rispondere con gli ammonimenti e le buone parole. Possiamo dire che, secondo Solov’ëv, mentre gli ideali di pace e di fraternità sono valori cristiani indiscutibili e vincolanti, tali non possono essere ritenuti il pacifismo e la teoria della non-violenza che finiscono col risolversi troppo spesso in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti.

Tuttavia, viene il momento in cui il cardinale Biffi si incarica di assumere l’ammonimento del filosofo russo per rimarcarne completamente le tesi.

Egli vede realizzata la profezia riconoscendo nell’attualità un indebolimento della cristianità che anziché esaurirsi nel “fatto salvifico, che non può essere accolto se non nell’atto difficile, coraggioso, concreto e razionale della fede” (sic!) [1] tende a disperdere la sua essenza “in una serie di “valori” facilmente esitabili sui mercati mondani”. Verrebbe da pensare che l’indifferenza (per non dire “disprezzo”) per la pace, per l’ecologia, per la vita e la dignità dei Popoli Muti, e per lo stesso ecumenismo (se visto come procedura ideale di risoluzione delle controversie umane) si esprima in quella virgolettatura posta sulla parola “valori”. Evidentemente la Chiesa non li riconosce come tali. Passi l’incapacità (che essa condivide con tutte le espressioni tradizionali dell’umano) di riconoscere la sbalorditiva scoperta del diritto degli animali a non soffrire e a godere della propria autonomia. Qui entra in gioco una pazzesca visione ancora considerata stravagante, una tendenza recentissima e forse unica visione che permetta l’autentica rinascita dell’umano; ma la pace, il dialogo, la cura dell’ambiente, valori effettivi di un’umanità che si sta risvegliando con fatica grazie alla sua parte migliore… tutto questo, fuori dal “cristianesimo “di Gesù Cristo”, il cristianesimo che ha al suo centro lo “scandalo” della croce e la realtà sconvolgente della risurrezione del Signore”, pare non avere alcun valore. Anzi, si merita di essere considerata produzione dell’Anticristo.

E ancora: “Il Figlio di Dio crocifisso e risorto, unico Salvatore dell’uomo, non è “traducibile” in una serie di buoni progetti e di buone ispirazioni, omologabili con la mentalità mondana dominante. Non occorre insistere. Più chiaro di così! E’ evidente che il cristianesimo si basa su certi valori irrinunciabili. Il Cardinale Biffi, riprendendo la tradizione tomistica, ripropone i valori assoluti o trascendentali: il vero, il bene, il bello. Valori talmente assoluti che non ammettono interpretazioni fuori dal mistero di Cristo Redentore. Gli altri sono valori di secondo livello. Il dialogo con l’altro, la ricerca di un ordine nella dimora della vita (la natura), la pace e la solidarietà sono effettiva ricchezza se viste come “occasioni concrete di un approccio iniziale e informale a Cristo e al suo mistero”. Altre interpretazioni che rendano “autonomi” questi valori, specie se assunte da parte di un cristiano, diventano “istigazioni all’idolatria” con ciò che ne consegue, cioè “il peccato di apostasia” per mezzo del quale ci “si ritrova alla fine dalla parte dell’Anticristo”.

Si arriva così all’esortazione finale per mezzo della quale il cardinale compie un’operazione duplice. Da una parte ribadisce l’inconsistenza di un cristianesimo senza Cristo assimilandolo a un semplice buco, ovvero un vuoto puro e semplice. Ma dall’altra esprime un giudizio spietato su chi, “fuori di Cristo” può trovare soltanto vuoto e disperazione.

* 2 – Religione e conservazione *

Abbiamo ascoltato un resoconto particolarmente prezioso che esprime la posizione ufficiale della Chiesa senza inutili giri di parole. Il porporato dice esattamente quello che pensa senza il bisogno di quel linguaggio mediato che talvolta le circostanze e la diplomazia impongono[2].

Si sorprendono solo gli ingenui se in un mondo in cui vi sono guerre efferate causate da quell’occidente (che si dice cristiano) assetato di petrolio e affamato di materie prime, il porporato se la prenda con i pacifisti, che, saranno di certo naif, ma almeno nutrono sinceramente dentro il loro cuore il rifiuto della violenza. Biffi critica:

“il pacifismo e la teoria della non-violenza che finiscono col risolversi troppo spesso in una resa sociale alla prevaricazione e in un abbandono senza difesa dei piccoli e dei deboli alla mercé degli iniqui e dei prepotenti…”

Qui si assiste a una costruzione argomentativa che ha dell’incredibile. Si esercita la critica verso i pacifisti perché non difendono i “piccoli e i deboli” dagli “iniqui” e dai “prepotenti”, ma di fronte agli orribili eventi che segnano il mondo, la Chiesa, da sempre, si rifiuta di indicare e condannare gli iniqui e i prepotenti in nome di stili tipici della peggiore diplomazia. Quelle forze ignobili che nel mondo hanno conquistato il predominio assoluto della forza e la usano senza alcun freno per i loro conclamati interessi non sono onorate di una sola parola dalla Sacra Istituzione per condannare, non azioni generiche e solo alluse – queste invero vengono talvolta deplorate –, ma i soggetti concreti, sostanziali che stanno trasformando il mondo in inferno. Anche la critica agli ambientalisti avrebbe senso se questi fossero delle persone aduse a esagerare la dinamica distruttiva delle forme di vita messe in moto da un umano “creativo”, ma non sembra proprio che questo sia il caso. Del resto non possiamo sorprenderci se la sottovalutazione, per non dire il disprezzo, dei problemi ambientali arriva da un’istituzione che, interpretando forse in modo distorto le parole di un antico saggio, da secoli incoraggia calamitose politiche demografiche.

Sono proprio questi atteggiamenti e concezioni che inducono i critici a rilevare la natura conservatrice e addirittura reazionaria della Chiesa. Le critiche alla Chiesa intesa come istituzione conservatrice al servizio dei potenti sono state, sono e saranno esibite in migliaia di occasioni, ogniqualvolta accada di osservare senza preclusioni di sorta questo stranissimo prodotto storico nelle sue relazioni mondane. Ma la critica è veramente fondata? Basta tutto ciò per arrivare a simili conclusioni? Certo, ogni volta che si presenta qualche necessità la Chiesa si schiera apertamente con gli ambienti più conservatori e reazionari, ma ciò, lungi dal caratterizzarla come istituzione conservatrice e reazionaria, dimostra soltanto che questa scelta è solo un modo per affermare la sua vocazione. Qual è la sua vocazione?

E’ possibile penetrare la natura intima di questa dottrina approfittando del mirabile commento che il cardinale Biffi ha esibito illustrando il racconto di Soloviev. Partiamo dai valori assoluti. Biffi li richiama “trascendentali” e dice che sono il giusto, il bene, il bello. Giusto, bene e bello sono valori che impregnano anche la vita dei laici. Ma a ben vedere, il giusto, il bene e il bello, accompagnati da quello strano aggettivo che non vuol dire niente – trascendentali –, trasferisce l’attenzione fuori dal mondo in uno spazio fatto di sfere luminose e perfette, abitate da strati di cherubini e serafini. Il vero non ha a che fare con la funzione “vero” impiegata dalla logica, ma piuttosto con il messaggio di Dio per mezzo di Cristo; il bene non significa il bene dell’umanità, ma il bene divino verso l’uomo; il bello non ha a che fare con la cappella Sistina, ma con la contemplazione di Dio. Insomma, se questi valori sono “trascendentali” vuol dire che non sono di questo mondo, sono valori dell’altro mondo. Ci si può chiedere con una certa ironia come possano essere valutati il giusto, il bene e il bello se esportati fuori dalla biosfera. Questo non potrà mai essere concepito da un materialista o anche semplicemente da un laico razionale. Logico, perché il materialista non può credere che un dio abbia mandato suo figlio in terra, un figlio che, dopo aver compiuto la missione, è risorto ritornando da chi l’ha mandato. E’ evidente che credere una cosa così stupefacente non può permettere al fedele di vivere al di fuori di un evento così ragguardevole. La salvezza dell’umanità può avvenire solo in Cristo e nella sua resurrezione, fatto che esclude la possibilità che esista un’alternativa. Certo l’animale umano fa di tutto per dimostrare di non avere risorse per una “resurrezione” civile autodiretta che permetta di considerare la Storia come una lunga via per giungere a una svolta nella sua millennaria striscia di sangue e violenza. Si può immaginare, dunque, che chi abbia interiorizzato la storia dei vangeli veda proprio nel fallimento della Storia la conferma del ritorno di Cristo alla Fine dei Tempi. E’ evidente che la Chiesa (ma questo è un difetto almeno di tutti i monoteismi) vive fuori dalla Storia. La vita e la resurrezione di Cristo e la sua seconda venuta costituiscono le due parentesi che aprono e chiudono un semplice incidente.

E’ naturale allora che gli altri valori vengano visti in funzione dei primi, di quei valori trascendenti senza i quali perdono completamente efficacia. Non solo: non devono essere universali perché altrimenti sono concorrenti della triade dei valori assoluti. La cura ambientale può essere locale: dunque va bene. La pace può essere intesa come negazione di un conflitto specifico; e allora va bene. Invece, assolutamente da negarsi è l’ecumenismo fuori dalla direzione generale della Chiesa (ricordare l’illuminante passo relativo a Pietro II). Infatti l’ecumenismo è per natura universalista e se un movimento laico si muove in questa prospettiva ci sono buone ragioni per pensare che ci sia sotto il Diavolo (o l’Anticristo) perché tale movimento pretende di conquistare un universale dialogo tra gli umani fuori della “salvezza”. Men che meno l’antispecismo (l’animalismo). La cura per il gattino è consentita, e forse persino promossa da qualche papa, ma l’animalismo vero, l’antispecismo, è una terribile bestemmia perché scuote le fondamenta della dottrina che assegna solo all’uomo una fiammella divina. Perciò, poiché i laici e gli uomini di buona volontà che vivono per un progetto di rinnovamento del percorso umano su questa Terra assolutizzano i valori che la Chiesa chiama di secondo livello, è naturale che l’incomunicabilità, esprimandosi su visioni incompatibili, diventi assoluta.

Non solo. Già soltanto il tentativo di mettere ordine nella Storia costituisce un attentato all’ossessione del Grande Ritorno. Tutti i riformatori debbono essere ostacolati soprattutto se pensano in grande. E se evidenziano tendenze universalistiche ancora peggio: diventano il nemico assoluto. Perché Cristo ritorni sulla Terra è necessario che ve ne sia bisogno. Che cosa accadrebbe se ritornando trovasse tutto in perfetto ordine? Se gli umani, parlando al loro Padre dicessero: “Ci hai dato un luogo da gestire. Abbiamo fatto una fatica boia, ma alfine ecco: te lo restituiamo nel migliore dei modi dopo aver raggiunto tra noi la migliore concordia”. Chiaramente la Chiesa non desidera il Male, ma questa strana istituzione sviluppa un inevitabile tropismo verso il Male. Il Male deve esserci. Le guerre, l’inquinamento, la discordia, la sofferenza, tutto questo dà senso alla vita che del resto, non dimentichiamolo, è stata prodotta da un “atto di disubbidienza verso Dio”. Questa è una valle di lacrime e tale deve rimanere. Se il Papa invoca la pace, si dirà, è perché non vuole la guerra. E in effetti si presume che sia sinceramente orientato alla pace ogni volta che da qualche parte sorge un conflitto. Ma la vera e definitiva pace i sofferenti la troveranno nel Regno di Dio e non quaggiù.

Perché stupirsi allora delle minacce verso chi si indirizza ai valori “secondari” in assenza dei riferimenti tomisti al Giusto, al Vero, al Bello? Il cristianesimo, basandosi su un Dio misericordioso, avrebbe potuto rinunciare a quell’altra sorprendente ossessione (che si ritrova anche in altre dottrine religiose) della pena eterna. Solo una mente davvero tormentata può immaginare una cosa del genere. Leggere, prego, un passo della meditazione:

E’ una “pietra”, come egli ha chiaramente detto di sé – e come noi raramente abbiamo il coraggio di ripetere –: su questa “pietra”, o (affidandosi) si costruisce o (contrapponendosi) ci si va a schiantare: “Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà” (Mt 21,44).”

Spaventoso davvero, così come i già citati “istigazione all’idolatria”, “peccato di apostasia”, “ritrovarsi, alla fine, dalla parte dell’Anticristo”. Tutto un armamentario di minacce che non si basano sulla morte o su una punizione temporanea, ma nelle fiamme eterne periodicamente ricordate a duro monito. Anche le immagini della fine del mondo non sono così tranquillizzanti. Quella signora che appare in un cielo sfolgorante che squarcia le tenebre della notte, così, improvvisamente, con 12 stelle sul capo è un’immagine che può soltanto fare rabbrividire e chissà di quanti infarti, anche tra i giusti, sarebbe causa se davvero si mostrasse improvvisamente al vasto pubblico dell’umanità. In effetti non sono pochi i casi in cui persone condizionate da piccole a queste comunicazioni terrorizzanti passano la vita in stato succubo. Nel passato era un disastro di massa. La religione cattolica – ma sarebbe meglio dire cristiana – ha letteralmente plasmato la psiche di moltitudini condizionate da truci minacce. La storia dell’arte potrebbe essere sufficiente per esprimere quanto terrore si sia sparso, soprattutto, ma non esclusivamente, nei periodi in cui le chiese hanno goduto del potere temporale. Ultimamente abbiamo ricevuto una comunicazione orale relativa alla soddisfazione con cui un alto rappresentante della Chiesa dichiarava la diffusione del terrore degli atei in punto di morte, per il dubbio che l’inferno possa davvero esistere. Non si può escludere che, a livello inconscio, in persone che da piccole hanno ricevuto un bel massaggio dalla dottrina cristiana e successivamente si sono allontanate da essa, si manifestino degli effetti che si concretizzano nella riemersione del dubbio, ma la Chiesa dovrebbe essere poco fiera di conquistare “anime” con il terrore.

In questo contesto vale dire qualcosa sulla irritazione che la Chiesa prova verso gli animalisti e i vegetariani. Può stupire che un russo dell’800, pur non impiegando espressamente il neologismo “animalisti”, attribuisca all’Anticristo un atteggiamento compassionevole verso gli animali, ma quest’ostilità è antica. Una vecchia questione pone il problema della sofferenza degli animali. Ma anche la risposta arriva da lontano. Si può evitare la carne ma solo per castigarsi, come fanno gli eremiti, altrimenti sono guai perché sopraggiunge l’anatema [3]. Recentemente la musica non cambia. Cambia talvolta solo lo stile, che ha assorbito le morbidezze del politically correct. Ma mica sempre. La meditazione del Cardinale Biffi lo dimostra. E in un sito internet che consigliamo vivamente di visitare (mondooggi) e che illustra tutti i pericoli del mondo attuale (tra i quali si annoverano quelli estremi e terribili dell’ambientalismo e del vegetarismo) viene fornita questa informazione nella forma della domanda e della risposta.

D – Ma “allora con il nostro rispetto per la dignità sia dell’Uomo che della Natura finiremo all’Inferno? Finiremo all’Inferno per aver rispettato più creature del dovuto?” R – Se uno crede di ricevere tutto da Dio desidera obbedire alla Sua volontà, che è espressa nella ordinata natura di ciò che Egli ha creato. Stravolgere la natura della creazione, il suo essere qualitativamente gerarchizzata, è mettersi al posto di Dio, pretendere… di correggere un suo errore. Se poi uno finirà all’inferno, non lo so. Però esistono anche “peccati dell’intelletto”, e possono anche essere gravi.

Assaporare bene lo stile dell’ultima frase: vegetariani pentitevi perché siete a un passo dalla maledizione divina e dalla dannazione eterna.

Ora si comprende perché la Chiesa si trovi (in perfetta linea con tutti gli altri monoteismi) allineata con i conservatori e i reazionari nei momenti topici. Il conservatore, con la sua pratica che realizza una visione gerarchizzata e spesso violenta, assicura che il mondo non potrà essere migliorato neanche di un pezzettino, rendendo in tal modo più vicino il ritorno di Cristo. Il reazionario o colui che semina la violenza sulla terra rappresenta la conferma che l’uomo non possiede le risorse per uscire dalla sua millennaria condizione. C’è un predicatore pazzo molto ben considerato dai teocon degli Stati Uniti che auspica che la guerra atomica avvenga il più presto possibile e in tal senso cerca di influenzare la politica. Per quale ragione? Semplice. Essa darebbe il via a Armageddon, la fine del mondo. I religiosi non sono tutti così, ci mancherebbe. Ma la differenza, se si scende sotto la coltre delle apparenze, tende a sfumarsi. Per tutti i monoteismi la storia è un accidente. Di fronte a questo fatto così sostanziale che valore può avere il resto?

Insomma, la Chiesa (o le chiese) si allineano alle manifestazioni storiche del potere temporale e alle forme del dominio ad esse relative, ma non si identificano con esse. I conservatori e i reazionari, con l’azione che svolgono nel mondo, permettono di perpetuare quelle angosce che possono essere rimediate soltanto con l’intervento definitivo del Divino. Essi sembrano l’involontaria emanazione sulla terra della volontà di Dio. I conservatori e i reazionari hanno interessi molto terreni e alimentano la battaglia egoistica per l’appropriazione delle risorse, mentre le dottrine religiose costituiscono quella fenomenologia che qualcuno ha definito “nevrosi ossessiva universale”[4], tesi che alla luce del racconto di Soloviev e del suo autorevole commentatore tende a essere confermata in pieno. La Chiesa è condannata perciò a sostenere i conservatori non perché è affine politicamente a loro, ma perché ossessionata dalle incastellature ideologiche che ha messo in piedi nell’arco di due millenni e che infine vuole vedere inverarsi. Essa è la prima vittima delle incredibili costruzioni mentali sgorgate dai racconti dei pastori della mezzaluna fertile. Questo non significa che non vi siano molti suoi personaggi più pragmatici e interessati esclusivamente ai fasti del potere, ma è anche vero che essi non rappresentano l’essenza della Chiesa quanto piuttosto una sua – in un certo senso – sana (perché apertamente reazionaria) ma estranea mutazione genetica [5].

Riassumendo sul rapporto simbiotico tra campo conservatore e l’istituzione religiosa. Il primo sfrutta la religione per istituire reali pratiche di dominio. Una società fatta di persone che sanno stare al loro posto rispettando gerarchie e regole di sudditanza sarà facilmente controllabile e con maggiore difficoltà potra mettere in discussione lo stato di cose presente. La seconda può mantenere nel proprio seno anche una componente che si muove sullo stesso piano degli interessi delle elìtes laiche, ma occorre dire che se si dovesse interpretare l’istituzione religiosa unicamente (e fondamentalmente) in tal senso, si perderebbe la percezione della natura intrinseca di quella “nevrosi ossessiva universale” che l’accompagna lungo tutta la sua storia. Un apparato che volesse muoversi solo nella dimensione del dominio non avrebbe bisogno di costruzioni immaginifiche di morti che resuscitano, di pani che si moltiplicano, di apocalissi che si inverano.

* Note *

[1] Quest’accostamento tra “razionalità” e “fede”, pur appartenente alla tradizione teologica cattolica, ad un laico non puo’ non apparire espressione assai strampalata),

[2] Potra’ sorprendere questa affermazione in un momento in cui l’offensiva vaticana verso lo Stato risulta a uno dei massimi livelli, ma si consideri che le scomuniche, la minaccia dell’inferno, il ricorso alla figura dell’Anticristo non sono attrezzi utilizzati tutti i giorni.

[3] “Se qualcuno, perche’ giudica immonde le carni che Dio ha donato agli uomini per nutrirsi, e non perche’ desidera mortificarsi, si astiene dal mangiare queste carni, su di lui anatema!” [Concilio di Braga, 577] (citato in “La via Lattea”, di Luis Buñuel)

[4] Secondo Freud l’origine dell’idea di Dio e della religione va rintracciata nelle dinamiche profonde che legano gli umani alla figura del padre e alla sua autorità, dinamiche che possono essere all’origine di diverse forme di patologie. Da questo punto di vista, la religione si presenta come una sorta di “nevrosi ossessiva universale” [Un’etica senza dio – E. Lecaldano, pag. 43]

[5] Il riferimento è quel personale ecclesiastico che non crede in niente perché ha perso la fede da tempo immemorabile e vive con un piede nella sua istituzione e l’altro nella mondanità avendo sempre cura di accompagnare i potenti nei suoi rituali.

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