Dove va l’animalismo “radicale”?

Dove va l’animalismo “radicale”?
ANIMALISMO E SETTE GNOSTICO – MANICHEE

Indubbiamente c’è grande confusione sotto il cielo, ma una confusione positiva e negativa allo stesso tempo. Se dovessi descrivere le categorie del movimento animalista che mi vengono in mente penserei a queste: gli anarchici – liberazionisti – estinzionisti che lavorano sul piano della protesta fuori dalle istituzioni e non credono più nell’uomo e nella politica istituzionale, si ispirano al modello ALF e vedono nell’estinzione umana l’unica salvezza per la terra e per le altre specie. Fanno pensare al “blackblockismo” animalista.
Sono vitalisti senza un programma e proposte concrete, agiscono piuttosto sul campo (salvataggi e liberazioni). Sono strettamente connessi ai gruppi movimentalisti no global dei cantieri sociali; hanno una forte estremizzazione delle posizioni politiche e non accettano compromessi con l’altra parte; la protesta e la contestazione sono la loro prima e unica arma; chi non è con loro viene identificato come un fascista;

gli isolazionisti (agiscono da soli – scelgono strategie autonome – ma appoggiandosi a reti e gruppi d’azione sul campo), sono i cani sciolti, personaggi emergenti che si muovono autonomamente seguendo l’ “hic et nunc” politico ma hanno poi un ruolo trainante. In primo piano pongono il problema della liberazione animale e la diffusione delle informazioni (su caccia, vivisezione, vegetarismo), in secondo piano il problema programmatico di un movimento unitario animalista. Non credono nell’esistenza ed efficienza di un movimento unito. Contano più sulle proprie forze e su appoggi nella rete reale dei contatti (canili, gattili, associazionismo volontario, petizioni, comitati di cittadini, esponenti di vari partiti che aprono loro la porta). Agiscono col motto “con ogni mezzo necessario”, sia questo un compromesso dettato dalla situazione politica del tempo, sia un’azione diretta locale. Sono chiamati “capetti” da tutti.

gli antispecisti intransigenti (per lo più di sinistra e marxisti) che vorrebbero dare uno sfondo “ideologico-politico” al movimento con posizioni rigide e attendiste “senza se e senza ma”, vedono la liberazione animale strettamente legata alla liberazione umana dall’alienazione del capitale. Lavorano per il futuro e in alcuni casi non accettano compromessi politici di nessun genere. Non credono nel metodo degli isolazionisti e cani sciolti: li accusano di defezione e tendenza al liederismo al di fuori di un ideale movimento animalista unito che deve nascere e per il quale bisogna lavorare insieme ;

gli antispecisti moderati (detti anche loro riformisti) che appoggiano la politica dei piccoli passi con programmi a breve raggio (liberazioni e compromessi – appoggiano i metodi dei cani sciolti), ma sono anche per la fondazione di un movimento unitario animalista che abbia programmi a lungo raggio e una determinata connotazione non solo antispecista ma anche politica (non accettano però chiusure ideologizzanti di nessun genere). Sono vegetariani moderati per motivi di tolleranza e credono nell’evoluzione coscienziale vegetariana della società e nella lotta politica del movimento animalista. Sono convinti che la politica non debba essere lasciata in mano alle lobbies dei cacciatori e dei vivisettori e debba essere usata in maniera tattica dal movimento animalista;

i vegetariani – vegani (intransigenti) che sostengono una battaglia primariamente sul piano etico in maniera ferma. Affermano che per essere animalista bisogna essere vegetariano, o vegano in senso assoluto. Non credono nell’evoluzione coscienziale vegetariana della società e pensano che una cultura vegetariana deve essere indotta attraverso una lunga battaglia culturale. Sono molto scettici rispetto alla possibilità di un battaglia politica da parte di un movimento animalista unito (partito o lobby). Ma sono aperti alla discussione purché si mettano dei distinguo sul piano etico riguardo al vegetarianismo (conditio sine qua non per costruire l’identità antispecista del movimento);

i volontari dei canili, dei gattili e delle piccole associazioni di volontariato che sono animalisti dei diversi schieramenti o apolidi – per lo più sono di sinistra ma molti anche di destra- che agiscono solo sul piano pratico, accudendo i randagi e occupandosi delle adozioni. Possono essere anche carnivori, si occupano di animalismo e di salvataggio di animali a tempo pieno e usano le liste di discussione in internet come mezzo di comunicazione. Detestano l’approccio teorico politico considerandolo contaminante e una perdita di tempo, ma hanno come punti di riferimento le giunte regionali e gli uffici dei diritti animali con i quali si devono pur confrontare a seconda del partito che governa (votano chi li aiuta sul piano pratico); sono una base sicura per i “cani sciolti” che operano da soli e forniscono loro l’appoggio che gli intransigenti gli rifiutano;

i nuovi filosofi, gli zooantropologi e i comportamentisti che operano in senso pedagogico e culturale basandosi sulla relazione tra uomo e animali. Lavorano per la reintegrazione dell’animale domestico come soggetto attivo nella società umana. Sono sia contro i liberazionisti che vedono la domesticazione come forma di schiavitù e vogliono rimandare cani e gatti nelle foreste , che contro gli zoofili pietisti che considerano gli animali povere innocenti creature da salvare. Sono per la reintegrazione e rivalorizzazione del rapporto Uomo-Animale nella sua relazione autentica che sia regolamentata da un codice dei diritti;

i cristiani delle origini (Radio Santec e Vita Universale) che lavorano sul piano religioso: vogliono rifondare un nuovo Cristianesimo che dia spazio al problema della sofferenza animale, auspicano la fine della Chiesa cattolica di Roma rea di aver diffuso una visione della vita antropocentrica: hanno fondato delle comunità dove ricoverano e salvano animali dai macelli; hanno una rete informativa e di protesta; sono vicini ai gruppi dell’amore universale;

i gruppi dell’ “amore universale” (vicini alle filosofie della new age) che auspicano una religione universale biocentrica che rispetti tutti i viventi e diffondono il vegetarianismo come forma principale di lotta attraverso manifestazione e convegni; agiscono spesso con reti di preghiera virtuale per la sofferenza animale; scrivono spesso ai media e agli organi Vaticani, condannando la politica antropocentrica dei Papi;

le grandi associazioni nazionali (LAV, LEAL, ANIMALISTI ITALIANI, LIPU, LAC, LEGAMBIENTE, WWF, etc ) spesso accusate di ipocrisia e di facili compromessi politici oltre che di inefficienza ed eccessiva burocrazia; gli animalisti fuori dalle associazioni spesso rifiutano ogni collaborazione con loro; ma allo stesso tempo tali associazioni ostacolano il lavoro degli animalisti esterni;

i Verdi e gruppi regionali interni ai partiti che mettono in primo piano i problemi oltre che ambientalisti anche animalisti come caccia, randagismo, zoo, combattimenti, allevamenti intensivi, vivisezione. Hanno attualmente un momento di slancio positivo e apertura al dialogo con il movimento animalista (che però definiscono ancora troppo frammentato e poco visibile);

le liste internettiane (Promisland, Bairo, Peacelink ecc) siti che raccolgono di tutto e sono spesso luoghi caotici di scambi informativi e diatribe che escludono a priori ogni forma di serio dibattito politico o culturale;

In linea di massima queste sono le linee.

Vedendole da fuori queste tendenze danno l’impressione di un grande movimento proteiforme e vitale che tende a delinearsi in maniera confusa e caotica.

Una specie di torre di Babele animalista dove tutti parlano lingue differenti.

Tutte le nascite di cose nuove e rivoluzionarie producono parti difficili. Dolorosi.

Quello che appare incomprensibile agli occhi di un esterno come me è il lasciar utilizzare gli spazi terribili della “politica dell’ogni giorno” a coloro che infliggono tormenti agli animali, gente che sa occupare queste estensioni abbandonate dalle “anime belle” in maniera fantasiosa e devastante.

In Inghilterra dove vivo lo 0,36 % della popolazione ha attivato una protesta di massa spaventosa

spingendo 400,000 persone all’assalto del Parlamento.

Il rifiuto della politica lascia spazi ampi e orrendi ai torturatori dei viventi.

Il rifiuto della politica è la conseguenza dell’inanità delle sette “gnostiche” animaliste che si muovono come chiuse nomadi nell’orizzonte del panorama nazionale.

La sindrome delle “sette gnostiche” è definibile come il sintomo letale dei gruppi che – pur operando con grande compassione – vedono l’albero ma rifuggono dal guardare la foresta.

Questi gruppi agiscono umanamente e compassionevolmente ma non tendono a muoversi verso la lotta per il cambiamento fondamentale di leggi che potrebbe essere ottenuto soltanto da un movimento di massa che faccia una pressione autentica e continua sul Parlamento. Questo non li interessa perché considerano la politica contaminante. Ma l’immergersi nella “politica dell’ogni giorno” non è riformismo ma parte di una strategia globale che agisce in un’unica guerra.

In ducanti sonanti: Huntingdon e SHAC non escludono la grande battaglia condotta dalla “Lega contro la crudeltà verso gli animali”. Una cosa non nega l’altra.

Huntigdon non esisterebbe senza la grande lotta che lo ha preceduto.

E vi piaccia o no, non esisterebbe senza la grande e multiforme lotta operata dalle grandi associazioni che si battono in difesa degli animali, e che qui hanno uno spessore differente dalle nostre.

Le due cose sono movimenti bellici e strategici di un’unica guerra.

Quando si combatte si fa la guerriglia ma si possono combattere anche grandi battaglie campali.

I Vietnamiti hanno fatto la guerriglia e hanno preso Saigon con un attacco frontale.

Il rifiuto del dibattito: il rifiuto del cercare nuove vie; il chiudersi in una conoscenza “gnostico” ideologica molto simile a una forma di autismo portano alla paralisi.

E queste sette “gnostiche” che ricordano i Valentiniani, i Nicolaiti, i gli Entratiti, i Montanisti sono in un continuo stato di infantile belligeranza.

E fanno bene i giovani a cercare nuove vie ignorando il vecchio che vive nella sua palude e se vede increspare le acque malsane immagina una minaccia al suo immacolato, intoccabile sentire, che è il sentire del ghetto luminoso e dei suoi santi.

Quello che spaventa è la chiusura verso il mondo dei carnivori che si sposta verso noi e trova porte

sbarrate. Siete vegani? No? E allora andate da un’altra parte.

Un’altra cosa che preoccupa è il leaderismo che si forma in questi raggruppamenti e richiede continua lealtà escludendo qualsiasi forma di dialogo.

O sei con me o sei mio nemico: una patetica infantile visione che paralizza il cambiamento.

Io trovo ripugnante questa lealtà che ti chiude verso la comprensione di quello che l’altro sta affermando. Io penso che l’altro va sempre ascoltato. Il disprezzo di quello che dice l’altro è uno dei sintomi più gravi della malattia dell’animalismo nostrano.

Un altro sintomo della malattia è la totale indifferenza verso coloro che tentano di cambiare le cose.

Anche il tentativo di un sondaggio diventa una minaccia.

Se uno chiede quanti siamo? Chi siamo? Dove andiamo? Che cerchiamo? In che crediamo? Si

scuote la palude acherontica. Che vuole questo? Quale sono le sue credenziali animaliste?

E altre fesserie di questo tipo.

La continua richiesta di definizioni teoriche spiazza e aliena.

E costringe a cercare nuove vie.

Questo manicheismo assurdo è la forma letale gestita dalle sette gnostiche, che, gelose del proprio spazio, respingono qualsiasi idea nuova – o cercano di piegarla al loro volere – per restare nella strettoia degli angusti confini dello spazio che occupano nella torre babelica.

Anche il tentativo di creare un forum dove si possano dibattere i problemi teorico politici dell’animalismo diventa un problema. Un offesa recata da una setta all’altra.

Un vaudeville infantile e patetico che – prima o poi – uno abbandona scoraggiato dal caos.

Un tentativo di vedere se è possibile creare uno straccio di unità diventa qualcosa che viene sommerso da quintali di proclami e dichiarazioni. Siamo una nazione che affonda nelle chiacchiere.

I giovani dovrebbero capire che questo animalismo rappresentato dalle sette gnostiche è qualcosa che va trasceso e abbandonato perché è la natura stessa dell’immobilismo.

Continuare a seguire i vecchi animalisti è una follia autentica: i giovani si inventino qualcosa di nuovo e ignorino il vecchio che affoga in inani chiacchiere su Cartesio e Singer.

E poi il termine “animalismo” che cosa significa?

Un esempio: seguendo il ragionamento delle “anime beate” un vegano che scrive pippate – come questa che sto scrivendo io – è un animalista autentico.

Magari non ha un solo animale in casa. Magari è un grafomane anarcoide o liberale però è un animalista DOC. Mentre il signore che va in Africa e muore impallinato dai bracconieri nel tentativo di difendere gli elefanti non è un animalista perché mangia pesce.

Questo è un esempio tra i molti che si possono fare.

Per me il signore che muore in Africa vale 1000 volte di più del vegano anarcoide o liberale.

E 100.000 volte più di me.

Animalismo è un termine che appartiene ormai al vocabolario bizantino del nominalismo e dei termini medioevali superati; e perdere tempo dietro al sesso degli angeli é cosa poco produttiva.

In termini di definizione è giusto: un vegano è il vero animalista, ma in termini pragmatici è ben altra cosa.

Cosa facciamo di tutta la forza del volontariato che lavora per salvare animali ma che non è vegetariana?

Dove si colloca questa moltitudine respinta dalle “anime belle”?

Perché una tale massa di gente che lavora per salvare animali essere ignorata?

Noi abbiamo un grande problema: SIAMO INVISIBILI.

NOI NON ABBIAMO VISIBILITA’.

E nel mondo moderno la visibilità è la condizione essenziale per imporsi ed ottenere il cambiamento di leggi fondamentali.

Un esempio? La morte del papa ha scatenato un pandemonio mediatico, una tempesta di attenzione verso la religione. E questa attenzione verso il religioso ha fatto convertire Rutelli; ha fatto dire a Bertinotti di sentire fibrillazioni quando entra in una chiesa; ha fatto parlare Fassino di trascendenza e per poco, tempo fa, non ha fatto precipitare D’Alema alla beatificazione del Santo franchista dell’Opus Dei Escrivà de Balaguer.

Ma mai che un politico italiano accenni all’esistenza dei milioni di coloro che si battono per i diritti degli animali.

E vediamo quello che dirà questo papa “gattaro” riguardo allo strazio animale.

La verità è che sono più visibili i 400.000 cacciatori di destra – che sono quasi riusciti a far aprire i parchi, per massacrare animali, al governo Berlusconi, sponsorizzati da Alemanno e dai suoi post fascisti – che milioni di persone che hanno a cuore la difesa dei diritti degli animali.

Perché una cosa va detta – malgrado che i cacciatori e le sette gnostiche animaliste lo neghino – noi siamo milioni e siamo invisibili. Noi siamo numerosi ma non contiamo.

Bisogna creare qualcosa di politico che tessa insieme le varie tendenze.

Anarchici, isolazionisti, marxisti, antispecisti radicali, moderati, cristiani, associazioni e partiti, volontari ecc…devono capire che la divisione non paga e cercare punti in comune che possano unificare i mille frammenti onde poter attuare piani d’azione unitari pur rispettando le proprie identità.

Per far questo i giovani devono assimilare un’idea: il vecchio animalismo va messo in cantina.

Le “anime belle” vanno ringraziate e messe in soffitta con il cavalluccio a dondolo e la poltrona sgangherata della nonna.

Grazie di cuore ma ora svanite! E tra gli aggeggi in soffitta coperti dalla polvere mi ci metto pure io. Con grande piacere.

Paolo Ricci

16 maggio 2005