Romanzi: Phobos
1 ALEF
Quando voglio entrare in me stesso guardo gli occhi di Paracelso, il mio cane.
Il suo ritratto é in una grande cornice di foglie d’oro adagiata su un cofanetto di legno intarsiato che contiene le sue ceneri.
Paracelso mi guarda, da quella foto, con occhi pieni di grande profondità.
Da quando è morto la sua immagine è sul mio tavolo con la mia amata nonna.
Sono due punti di riferimento nella mia vita bislacca.
Gli occhi del mio cane quando li fisso sono come porte che si aprono in una dimensione particolare.
Sono un ateo convinto ma quegli occhi aprono porte.
Da un po’ di tempo sono visitato da strani fenomeni, e questo è, forse, dovuto anche al film che sto dirigendo. E’ troppo inquietante; e avere un rapporto con un’attrice matta è roba da far saltare i nervi.
Quando mi riposo, vado a casa e fisso lo sguardo prima su Paracelso e poi su mia nonna.
Con il mio amato cane precipito in una zona peculiare che non so descrivere con accuratezza.
Quello sguardo è pieno di devozione, fedeltà e forza ma è anche qualcosa che invita verso qualcosa che non conosco. E’ nero Paracelso, è un bastardo mezzo collie e mezzo labrador e i suoi occhi sono di un marrone luminoso. Si precipita nelle sue pupille. Si scende in un abisso splendente. E io ne ricavo un senso di profonda bontà. Di Amore.
Quello che ho avuto dalle donne sono stati sempre rapporti martoriati, malati, ossessivi e spesso stupidi, ma da mia nonna e da Paracelso ho avuto sempre un amore vero e profondo.
Ma dove conducono gli occhi di Paracelso? Questo non lo so.
Forse nei territori di John Dee che rappresento nel film.
Ma quali sono i territori di John Dee? Questo è il punto.
Essenzialmente sono allucinazioni. Essenzialmente sono giochi della mente.
Sono rimasto sorpreso dalle parole di Padre Lazzaro, un eremita del deserto, che vive non lontano dal monastero di Sant’Antonio in Egitto.
Lui è convinto che sia il demonio a disturbare i solitari, io penso che sia tutto un gioco della mente.
Ma i giochi della mente, devo dire, sono strani e affascinanti.
L’immagine di mia nonna è contenuta in una cornice austera di legno.
Niente florilegi come in quella di Paracelo.
Mia nonna Adele, ha un volto di grande dolcezza, armonioso, è minuta, leggermente appesantita e ha i lunghi capelli neri raccolti in un onda che sale verso il centro della testa e termina in una cipolla.
Nella foto Adele sembra avere circa trent’anni.
Ho amato Paracelso e mia nonna più di qualsiasi altro essere al mondo.
Più di mia figlia sicuramente. Lo so; voi che leggete direte: che schifo! Ma così è.
Non sono affetto da familismo degenere. Anzi detesto il familismo degenere. E tutti questi folli che incitano alla procreazione incontrollata sono coloro che stanno devastando il pianeta.
Io non ho un senso della famiglia e quando mia moglie è fuggita con il suo avvocato ho provato una gioia indicibile. Un senso di liberazione.
Nella mia foto mia nonna sorride con una dolcezza incredibile.
Tutta la sua bontà è in quel sorriso. Adele guarda verso destra nella direzione del piccolo Buddha di gesso e il voluminoso tomo che sto leggendo: Europe Central di William Vollmann.
Non mi guarda negli occhi, ma quando la fisso per un lungo periodo sembra volgersi lentamente verso me, e sembra che mi guardi con infinito affetto. Ogni volta che la contemplo, cesso di pensare, come un monaco Zen, e se non mi muovo per circa venti minuti; è allora la sua testa si gira verso me e mi placa, mi calma col suo adorato sorriso. Lo so; voi che leggete direte: è un’ illusione.
Forse; ma come fate ad esserne sicuri? Quando padre Lazzaro dice che nel silenzio si aprono porte inaudite siete sicuri che sia tutto un gioco della mente?
In effetti penso che lo sia, ma quello che mi succede, si allaccia a questo maledetto film che sto dirigendo e a questi attori incontrollabili e vanitosi che non fanno altro che litigare sul set.
Se chiudi delle persone per 48 ore nel buio assoluto e riesci a non far filtrare rumori, stai sicuro che cominciano a vedere cose nel buio. E’ scientifico. Ho visto un documentario ove persone che vivono in sensory deprivation per due giorni di seguito vedono serpenti e altre cose nel buio della loro cella.
In casi del genere la mente privata di stimoli esterni produce visioni.
E il 99 per cento delle visioni dei santi ha qualcosa a che vedere con questo. Ma c’è quella percentuale minima di cose che non riesci a spiegare. E questo cerco di indicare nel film.
In essentia: Paracelso è cenere, mia nonna è cenere, io sarò cenere e quello che vedo o sento non è altro che ciò che io desidero di sentire e vedere. Così secondo me dovrebbe essere. Ma la mente è come un computer dotato di programmi incredibili. Non sai mai cosa tiri fuori dal suo magico cappello.
Io non ho mai visto nulla di soprannaturale, e la testa di mia nonna che si gira verso me mi preoccupa ma mi fa sentir bene.
Perché ho cominciato il capitolo con la lettera dell’alfabeto ebraico Alef?
Semplice: ho una fissa con il profeta Geremia.
Un’ossessione notevole. Pur non essendo un credente amo leggere i profeti.
E mi piacerebbe leggerli nella loro lingua.
Geremia è un profeta particolare come Amos che l’ha preceduto; inizia le sue lamentazioni numerandole, non con numeri ma con le lettere dell’alfabeto ebraico. Fin da piccolo lo leggevo. Mio padre era un astronomo miscredente ma mi ha insegnato a capire la bellezza poetica della Bibbia. Lui amava le traduzioni di Ceronetti. Io le trovo un po’ ostiche, quasi fossero poesie moderne. Geremia per me è pura poesia:
Ha teso il suo arco quasi fosse un nemico
ha combattuto con la sua potenza
ha trucidato come un ostile guerriero
ogni delizia dell’occhio;
sulla tenda di Sion
ha riversato il suo sdegno di fuoco
La peculiarità di Geremia? Spingeva il popolo a sottomettersi alla violenza babilonese.
Non cercava di aizzare il popolo contro il dominio di Babilonia. Era un potenziale Vidkun Quisling.
Facile sarebbe stato incitare alla ribellione come facevano i falsi profeti ma lui consigliava la resa.
Questa è la sua peculiarità. Ma la consigliava perché si rendeva conto che il traboccante potere babilonese non poteva essere contrastato. Ma la sua predicazione che incitava alla capitolazione era inaccettabile.
Per 40 anni Geremia urlò al suo popolo che avrebbe pagato cara l’adorazione degli idoli e la sua iniquità e che il giudizio di Dio lo avrebbe colto all’improvviso. Gridava a squarciagola che i peccati contro l’Onnipotente si pagano. Ma i suoi stessi amici non lo capivano e il popolo e i suoi sovrani lo aborrivano.
Ovunque si muoveva Geremia era perseguitato. L’amore di Dio comporta sofferenza e angoscia e suscita ovunque violente reazioni.
Geremia era nato ad Anatot, Jahvè lo aveva prescelto ancora prima di nascere e visse una settantina d’anni dopo Isaia. Quando nacque, Manasse perseguitava i giusti e i profeti e l’Assiria era in declino.
Immaginate un povero Cristo a cui Jahvè improvvisamente dice: “Ti ho costituito sopra le genti e sopra i regni per divellere e per distruggere per costruire e per piantare” e nessuno ti ascolta.
Con Jahvè non si scherza quando ti dice che per essere suo devi “liberarti della parte vile serbando solo quello che c’è di prezioso in te”. Se te lo chiede devi farlo.
E Geremia lo fa, comincia a vedere quello che accadrà e si trasforma in un fiume di lacrime perché ha visto il futuro che sarà tremendo dal momento che Israele si è trasformato in un regno decadente e corrotto.
Geremia è un profeta che basa la sua predicazione sulla pura spiritualità. Dice che Jahvè se ne fotte del Tempio e vuole solo la purezza del cuore. E suscita smarrimento quando afferma che gli dei pagani non sono entità metafisiche ma solo prodotti dell’immaginazione degli uomini e che è meglio un pagano giusto, che crede nell’illusione dei suoi dei, che un ebreo, che crede nel Dio d’Abramo, ma è iniquo. Insomma credi in quello che vuoi ma sii giusto. Non proprio così, ma ci siamo quasi.
Nel 608 Ninive è assediata dai caldei e dai medi.
Il faraone Neco fa come fece Mussolini con la Francia, si getta come un avvoltoio sull’impero morente e si divora gran parte dei territori assiri tra i quali Israele.
Geremia consiglia calma ma le teste calde prevalgono – come succederà ripetutamente nella storia di Israele- e a Meghiddo gli ebrei si confrontano con gli egiziani perdendo pesantemente.
Non hanno calcolato i rischi: Giosia, il re, muore in battaglia.
Il figlio raccoglie i cocci. Il Regno diventa vassallo del faraone trionfante.
Il nuovo re, Ioiachìm, rende la vita difficile a Geremia.
E’ a questo punto che Geremia profetizza la distruzione del Regno e del Tempio salomonico.
E la reazione è violenta. Il rischio è enorme. Geremia viene salvato miracolosamente
Nel 606 cade Ninive: i caldei e i medi si dividono l’impero.
Poi volgono la loro potenza verso il faraone Neco: Nabucodònosor lo sconfigge, nel 605, a Carchemis.
Nello stesso anno, Geremia raccoglie i suoi scritti, che ha dettato a Baruch, e tra questi si trovano le parole meravigliose del calice d’ira.
“Perché così mi disse il Signore Dio d’Israele: prendi dalla mia mano questa coppa di vino spumante e danne a bere a tutte le nazioni a cui ti manderò. Berranno, poi vacilleranno, prese da vertigine, davanti alle spade che io manderò in mezzo a loro”
Con Babilonia trionfante Ioiachìm cambia padrone. Geremia suggerisce la sottomissione.
E qui ricominciano i guai. Il profeta invita gli ebrei ad accettare il giogo di Nabucodònosor ma non lo ascoltano. Ioiachìm si ribella e il re babilonese gli piomba addosso come un falco.
Sarà il figlio di Ioiachìm, Ioiachìn (con una N non una M) a sopportare l’orrore della resa.
Il padre rompe il vaso e il figlio raccoglie i cocci.
E’ il 597: Nabucodònosor sconfigge Ioiachìn e lo conduce in cattività portando con sé 10.000 ebrei che rappresentano l’aristocrazia e la classe sacerdotale.
I poveri ereditano le ricchezze degli espropriati e degli esiliati. Geremia resta.
Il re babilonese pone sul trono Sedicia. Il nuovo re capisce l’antifona e comprende le profezie di Geremia.
Il nuovo re assomiglia a Giosia che aveva grande rispetto per il profeta.
Ma se Sedicia comprende l’immane pericolo, gli pseudo profeti ispirati da Isaia non lo capiscono e incitano alla sollevazione urlando che Jahvè mai avrebbe permesso la distruzione del Tempio.
Durante una grande assemblea tra i rappresentanti della varie tribù israelitiche e dei popoli limitrofi il re si dibatte sul da farsi. E mentre si discute Geremia appare con un giogo di legno sul collo per far comprendere che è la volontà di Jahvè che il popolo ebraico sia sottomesso. Cananià, uno dei molti profeti operanti in Israele, gli toglie il giogo dalle spalle, lo spezza e lo butta per terra. Geremia lo guarda e gli dice che il giogo futuro non sarà, come quello che ha spaccato, di legno ma di ferro.
Il fermento è terribile. Rivoltarsi senza considerare le conseguenze porta alla distruzione.
Anche nell’esilio babilonese gli pseudo profeti indicano la via della ribellione come unica soluzione per la sconfitta subita. La follia galoppa. Ed è simile a quella di coloro che inneggiano alle guerre e tornano dal fronte senza gambe. Quando Geremia capisce che l’aria è mefitica si allontana e raggiunge Anatot e lì lo accusano di tradimento. Gli ebrei urlano che vuole passare dalla parte dei caldei e tradire Israele.
Geremia, afflitto e umiliato maledice la sua nascita:
Oh, me infelice!
O madre mia perché mi hai generato
quale uomo in litigio
e in discordia con tutto il paese
non ho prestato denaro
ne ricevuto prestiti
eppure tutti mi maledicono. (15,10)
Maledetto sia il giorno in cui nacqui! e il giorno in cui mi generò mia madre non sia benedetto!
Maledetto l’uomo che portò la notizia a mio padre: “Ti è nato un bambino!” (20,14)
E’ il 586: la rivolta esplode. Nabucodònosor torna e stavolta non prende prigionieri.
Altro che Jahvè che difende il Tempio; Sedicia viene accecato, la sua famiglia sterminata e quasi tutta la popolazione viene condotta in esilio in Babilonia. Gli pseudo profeti sono serviti. Hanno fatto una bella frittata di sangue. Nabucodònosor parte lasciando un residuo di popolazione sotto Godolia.
Geremia profetizza sulle rovine di Gerusalemme e del Tempio.
Ma non finisce qui: un gruppo di rivoltosi uccide Godolia e con il resto del popolo si dirige verso l’Egitto portando con se il vecchio profeta.
Tafferugli scoppiano quando Geremia si ostina nelle sue profezie.
E si dice che, dopo una vita di tribolazioni, incomprensioni e insulti, che il profeta sia stato lapidato.
E Padre Lazzaro e il deserto?
Mi ha raccontato tutto Julian Ward, lo sceneggiatore, mi ha fatto vedere un nastro registrato e sono rimasto a bocca aperta.
Un vicario inglese, della Chiesa d’Inghilterra, un certo Father Peter, che sembra un DJ cinquantenne più di un pastore anglicano, decide di muoversi fuori dal buco anale della religiosità anglosassone e di sperimentare misticismi estremi.
Parte con dei beduini alla volta del Monastero di Sant’Antonio che si trova nel deserto, a sud del Cairo e di Deir et Maium, non lontano dal Mar Rosso.
I beduini che lo accompagnano sono di una umanità splendente e umilissima e contraddicono l’idea dei musulmani come tutti potenziali Bin Laden.
Peter, con i beduini e quattro cammelli, si avvia nel deserto, fuoriuscendo dal cristianesimo da “chocolate box” della Chiesa anglicana e si avventa verso spazi sconosciuti ove il silenzio è onnipervadente.
Abbandona le polemiche sui vescovi gay e l’ordinazione delle donne e si addentra nella desolazione desertica; lascia perdere il cristianesimo domenicale delle chiese semivuote e tetre, il suo amato giardino
nel Sussex e si incammina verso la spiritualità estrema dei Padri del Deserto.
Vedere questo DJ anglicano su un cammello fa sorridere.
Peter è un uomo affabile che si rende conto che il cristianesimo evirato della Church of England è roba morente. E’ roba per le Avon ladies come direbbe Capitan Watson.
Se tagli resurrezione e aldilà resta ben poco. E sotto questo aspetto Ratzinger ha ragione.
Una Chiesa troppo laicizzata muore nello squallore.
Quando arriva nel monastero di Sant’Antonio, Peter chiede di vedere Padre Lazzaro il solitario che vive sulle montagne desertiche in assoluta solitudine.
Sant’Antonio viveva in su una montagna chiamata Kolzin, ci si trasferì nel 312 d.C.
Lazzaro vive come un nuovo Antonio del deserto che a Pispir subì gli attacchi del diavolo e tremende tentazioni muliebri.
Per farla breve Peter si avvia per il deserto, scala un’arida montagna e incontra l’eremita.
Devo dire che vedere e sentire parlare il solitario mi ha scosso.
Non sono un credente ma ho molto rispetto per questa religiosità.
Quando Lazzaro incontra Peter gli spiega che prima di qualsiasi cosa sono necessari il pentimento e la penitenza e di ricordarsi che quando si prega lo si fa per tutta l’umanità.
Un eremita che prega, prega per tutto il genere umano.
La preghiera non è un atto isolato ma un atto eseguito da tutti gli umani.
Chi prega in questa solitudine diventa una presenza iconica davanti a Dio.
Anche un uomo solo basta – sembra che dica l’eremita – per salvare il mondo.
Il solitario è un uomo spiritoso e per nulla lugubre, e usa un inglese ammirabile con un grazioso accento.
Beve caffè a più non posso; beve espresso moka e caffè turco.
E mostra a Peter come pregare prostrandosi alla maniera dei musulmani, cosa che facevano i cristiani del tempo della Tebaide e che Mohammed imitò.
E l’Islam cancellerà quasi totalmente la religiosità monastica del deserto.
Peter ha l’impressione di confrontasi con un Antonio del Deserto ritornato in vita.
Lazzaro spiega che queste caverne solitarie non sono posti paradisiaci, ma luoghi infernali perché in questa solitudine si combatte con il demonio.
Il demonio è sempre presente in questa desolazione perché vuol mettere fine al dialogo interiore con Dio che aiuta l’umanità. Tra il solitario e il demonio è in corso una guerra continua. Occorre quindi costantemente pregare perché questo è un posto estremamente pericoloso e vietato ai novizi; un tedesco, in passato, provò a restare una notte fuggì via il giorno dopo.
Lazzaro lo vide tremante, quasi esplodente, per la tensione provocata dal dominio satanico.
Occorre una forza particolare per sostenere gli attacchi diabolici.
Necessita una continua preghiera per non soccombere a Satana, ma una volta che si raggiunge la pace allora si è toccati dalla grazia e la vita cambia radicalmente.
Peter si domanda se è necessario un cristianesimo che porti a questi estremi.
Lui che vive in un giardino idilliaco non capisce il deserto.
La notte sente l’ululato dei cani e sente la solitudine notturna ricolma di una misteriosa presenza.
E continuamene prega. Ma non è convinto che estremi del genere siano necessari.
E poi si chiede: ma questo Satana presente nel deserto è esterno – è un’entità vivente – o è interiore alla mente?
Il passaggio dalla “Morte di Dio” alla religiosità dei padri del deserto è semplicemente eccessivo.
Passare da Don Cupit, Frances Young, Michael Goulder, Jürgen Moltmann , da quelli del “Mito del Dio incarnato” che dissolvono tutta l’impalcatura mitologica del cristianesimo, al monofisismo “copto” di Padre Lazzaro sembra eccessivo.
Peter reggerà il terrore delle tenebre per 21 giorni perdendo metà del suo peso per poi precipitare in uno stato di grazia che gli farà vedere il mondo sotto una nuova luce.
Il saluto tra Peter e Lazzaro è commovente e mi ha molto colpito.
Mi ricorda l’abbraccio dipinto da Sassetta tra due eremiti che si incontrano nel deserto che, mi pare, fossero Antonio e Paolo.
Quando l’inglese parte e lascia Lazzaro nella sua solitudine, fa male al cuore vedere la separazione.
Ti spezza l’animo.
Peter lascia Lazzaro esposto agli attacchi del demonio meridiano e torna nell’Essex, tra le margherite del suo giardino, a predicare nella chiesa anglicana semivuota e triste.
Ma il suo cuore resta ferito dal deserto.
Il deserto mai si dimentica.
Le religioni?
Lazzaro vive il suo dialogo interiore con Dio nel silenzio, lotta col suo demone vero o immaginario, e non fa male a nessuno. E’un uomo notevole Lazzaro.
Ma se ti addentri verso Tebe, seguendo il Nilo trovi Tell-el Amarna che fu la capitale del regno del faraone eretico Ikhnaton, il marito della leggendaria Nefertiti, l’icona più amata dell’Egitto.
Devo dire che quando vedo il busto di Nefertiti mi viene sempre voglia di disegnare una pupilla nell’occhio
vuoto. Mi fa sempre una certa impressione il globo oculare bianco della sovrana.
La storia è nota: Ikhnaton intorno al 1350, spostò la capitale ad Amarna perché voleva sradicare il culto eccessivo e multiforme degli dei egizi e ideò una nuova forma di monoteismo.
E il Dio solare Aton divenne il centro iconico della nuova religione .
Freud nel suo “Mosè e il monoteismo” indica Ikhnaton come un precursore del culto dell’unico Dio.
Quello che ho visto in una ricostruzione virtuale del tempio di Aton mi ha lasciato stravolto.
Il tempio era aperto al cielo, era senza tetto, molto grande e circondato da colonne.
Era sicuramente pensato da una mente geniale che stava cercando di trasformare l’Egitto.
Basta osservare l’arte del suo tempo per capire cosa stava accadendo.
Il faraone eretico la stava trascinando verso i sentieri che condurranno, mille anni dopo, a Prassitele.
Erano i primi passi. L’arte ieratica egizia perdeva la sua rigidità. Acquistava mobilità e scioltezza come l’arte di Masaccio vis a vis la ieraticità bizantina.
Se saltavano gli antichi dei saltava la concezione primitiva del mondo.
E l’arte sempre precede i cambiamenti.
Nella ricostruzione virtuale del tempio di Aton appaiono un numero grandissimo di tavole coperte da offerte di ogni tipo; un’abbondanza incredibile, di pani, legumi e frutta.
Ma studiando e analizzando gli scheletri degli operai trovati nei pressi del tempio, si scopre che il popolo viveva in uno stato d’indigenza totale. Le ossa indicano la povertà della dieta.
Ikhnaton immolava il cibo al suo Dio ma non lo concedeva al suo popolo.
Se si pensa agli aztechi che in quattro giorni sacrificarono oltre 84.000 prigionieri per dedicarli ai loro dei mostruosi e sanguinari si capisce fino a che orrore la religione può condurre l’animo umano.
Se si riflette sugli orrori dell’inquisizione e i gli innumerevoli roghi delle streghe uno rivaluta il silenzio di Lazzaro.
Ma il rischio è che il silenzio degli eremiti conduca alle tavole imbandite del tempio di Aton e alla macelleria industrializzata multinazionale di animali innocenti nel Tempio di Gerusalemme.
Oggi è stato un giorno terribile.
Giravamo le scene dell’incontro tra Rodolfo II e John Dean ed è esploso un putiferio.
Girardo de Bossolo è stato trovato in camerino mentre slinguazzava il perno d’un aiuto truccatore praghese.
L’italiano era in ginocchio e il giovane gay in piedi con i jeans calati.
E’ scoppiato un pandemonio. David Carter, che fa la parte del mago elisabettiano, John Dee, e che è un devoto cristiano ha dato di fuori mentre Isidora rideva come una pazza. L’isterica piangeva dal gran ridere.
Ho preso Girardo da parte e gliene ho dette di tutti i colori.
Gli ho detto: “Ora che ti sei ingoiato il tiramisù sarai contento, vero? ma perché non vai a farti trapanare il buchino in un albergo da quattro soldi invece di usare il set per le tue voglie da checca depravata?”
Sorrideva compiaciuto la vecchia baldracca e si leccava le labbra per provocare.
David lo detesta e trova difficile lavorare con lui.
Questi cristiani sono di un’intolleranza incredibile, ma la mancanza di professionalità di certi attori italiani è leggendaria. La scena d’oggi era di grande importanza .
Rodolfo II che ha l’ossessione dell’alchimia e della pietra filosofale incontra il mago elisabettiano.
Rodolfo II sta attendendo pazientemente Dee, in ritardo di un’ora per i soliti casini di Kelley il suo assistente avventuriero.
La notte prima il suo collaboratore metafisico si è quasi fatto ammazzare in una zuffa.
Mentre giravamo Raimondi che fa la parte di Emericus, il servo del mago, è caduto a terra inciampando su un gradino. Tutti ridevano. Girardo era in lacrime.
Raimondi si è incazzato da morire e stava rifilando un pugno all’anziano gay.
“Troia malefica!” L’ha chiamato. Ho brutalmente riportato l’ordine.
“Basta con questa omofobia da terzo mondo!” Ho gridato “Questa è una scena notevole e va girata con enorme attenzione.”
Abbiamo ripreso a girare: Spinola il segretario dell’Imperatore del Sacro Romano Impero presenta al sovrano un Dee trafelato e imbarazzato dal ritardo.
L’imperatore appare distante, minuto, cortese, con una scucchia leggendaria coperta da un’infima peluria, un cappelletto piumato e una gorgiera increspata.
Il truccatore György Ganz ha riprodotto un Rodolfo che è la copia perfetta dell’immagine più veritiera del monarca, quella eseguita, nel 1608, da Hans von Aachen.
Tutto il dialogo è in latino. Su questo ho seguito Passion del reprobo Gibson.
Rodolfo taglia corto e va al sodo, non ha tempo per chiacchiere – qui Gerardo è bravissimo – e chiede al mago di trasmettergli il messaggio celestiale del quale aveva parlato con l’ambasciatore spagnolo.
I cortigiani si ritirano e i due uomini restano soli.
Dee si inchina e spiega che per quaranta anni aveva tentato di capire certe verità che non poteva comprendere, ma che queste verità a cui non ha potuto mai attingere cominciano ad essere chiare da quando ha potuto ascoltare gli angeli del Signore e che, udendoli, ha recepito un messaggio per l’Imperatore.
Rodolfo chiede: “Quale è questo messaggio?”
Dee si china leggermente e dice:
“Questo è il messaggio angelico, sire.
“ L’Angelo del Signore mi è apparso e ti ha rimproverato per i tuoi peccati. Ma se tu mi ascolterai e crederai in me, trionferai. Se non mi ascolterai, il Signore, il Dio che ha creato il cielo e la terra (sotto il quale tu respiri e hai il tuo spirito) porrà il suo tallone sopra al tuo petto e ti scaraventerà giù dal tuo seggio. Il Signore, inoltre, ha concordato (con giuramento) con me che agirà come dice. Se tu abbandonerai la tua iniquità e ti volterai verso Lui il tuo sarà il potere più grande che sia mai conosciuto e Satana sarà tuo prigioniero: e Satana è il diavolo che io considero che sia il Grande Turco. Questo è l’ordine di Dio. Non nascondo nulla, ne sono un ipocrita, ne sono un uomo ambizioso, ne mi sogno quello che dico…”
Rodolfo sobbalza. Il mago è pericolosamente diretto. Ma l’idea che possa sconfiggere Murad III il sultano che lo minaccia continuamente lo affascina.
Rodolfo è fissato con una crociata contro gli ottomani.
L’imperatore chiede informazioni sulla pietra arcaica che Dee ha ottenuto dall’arcangelo Uriel.
Il mago risponde che ha informazioni delicatissime sulla possibilità di giungere alla pietra filosofale e spiega che può ottenere un oroscopo migliore di quello che il monarca ha ottenuto dal suo astrologo boemo. Rodolfo lo guarda e fa un cenno con la mano indicandogli di ritirarsi.
John Dee si ritira inchinandosi.
Urlo: “Cut! Perfetto! Bravissimi….tutti a casa!”
2 BET
Ieri mattina ero seduto nel Grande Salone di Venceslao, nel castello di Praga.
Ci stavamo riposando dopo aver effettuato delle riprese, quando improvvisamente Adelaide Penso, la segretaria di produzione mi si è seduta vicino, ha aperto il suo portatile e mi ha fatto vedere qualcosa che mi ha lasciato sbalordito. Era un messaggio che veniva da Parigi e diceva:
“Caro Alberto,
Ti scrivo dalla Francia e ti pregherei di cliccare su questo orrore.
Come tu sai sono un artista e vivo a Parigi, ci siamo conosciuti a casa di Nadine.
Dopo Damien Hirst, considerato geniale perché mette animali tagliati in formaldeide, un idiota del Centro America ha pensato di emularlo ed è andato ben oltre.
Hirst mette animali morti nei suoi orrendi contenitori, ma questo assassino portoricano ha commesso un orrore che va assolutamente denunziato.
Ha lasciato morire un randagio di fame e di sete davanti a “cultori dell’arte” che visitavano la galleria come se nulla fosse. Ecco la modernità che non impone limiti.
Io penso con orrore all’utilizzo di animali o di corpi umani per cercare di sorprendere.
E’arte degenerata quella che usa esseri viventi per trasmettere il suo “nulla”.
Se uno chiede a Hirst il significato del vitello tagliato in formaldeide, il pittore risponde:
“Leggi quello che vuoi in questa immagine.”
E il delinquente costaricano Guillermo Habacuc Vargas ha fatto la stessa cosa:
ha lasciato il cane morire di fame sospendendo qualsiasi giudizio.
Non denunciare questo orrore è un’infamia. FATELO!
Troverete tutto su questo blog: http://ea6gk.blogspot.com/
E sui siti che elenco sotto.
Oltre agli uomini esistono anche gli animali e vanno difesi.
Jean Regualt
Letto il messaggio abbiamo cercato altre informazioni che rapidamente sono apparse sullo schermo:
Roma, 31 ott. – (Ign) – Biennale a rischio per Guillermo Habacuc Vargas, lo pseudoartista 50enne del Costa Rica che ha messo in mostra un cane randagio (guarda la fotogallery), legato in un angolo della sala, lasciandolo morire di fame e sete. Oltre 150.000 persone da tutto il mondo, in pochissimi giorni, hanno espresso la propria indignazione verso quella che, secondo loro, non può essere certo considerata un’opera d’arte. A quanto pare Vargas avrebbe pagato dei bambini affinché catturassero un cane per poi utilizzarlo come ‘opera d’arte’ che consisteva appunto nel guardare l’agonia e la sofferenza fino alla morte. Ai visitatori sarebbe stato vietato di portare cibo e acqua e chiunque cercava di avvicinarsi per accudire l’animale veniva allontanato in malo modo con insulti. Sopra il cane morente, una scritta fatta di croccantini con la frase: “Eres lo que lees” (Sei quello che leggi). Secondo l’’artista’ lo scopo era quello di testimoniare l’indifferenza dell’essere umano nei confronti di altri esseri viventi. In un’intervista rilasciata a la ‘Nación’, ha dichiarato: “Lo scopo del lavoro non era causare sofferenza alla povera innocente creatura, bensì illustrare un problema. Nella mia città natale, San Josè, Costa Rica, decine di migliaia di randagi muoiono di fame e malattia e nessuno dedica loro attenzioni. Ora, se pubblicamente mostri una di queste creature morte di fame, come nel caso di Nativity, ciò crea un ritorno che evidenzia una grande ipocrisia in tutti noi. Nativity era una creatura fragile e sarebbe morta comunque su una strada”. Fatto sta che il cane, secondo quanto riferisce Leonor Gonzalez, editore del supplemento culturale di ‘La Prensa’ in Nicaragua, sarebbe morto il giorno seguente a quello in cui sono state scattate le foto.
Diversa la versione della galleria nicaraguense che ha ospitato l’allestimento, secondo la quale l’artista avrebbe trovato il cane in un vicolo e l’avrebbe portato nella galleria senza che fosse previsto.
Secondo loro, inoltre, sarebbe stato correttamente alimentato per tutto il tempo tranne le tre ore della mostra. Il cane non è poi morto ma secondo loro è “scappato” in un momento di disattenzione.
Ma i dubbi restano. Come è possibile che la galleria non abbia imposto a Vargas di liberare il cane? E ancora: è possibile che nessuno sia andato lì con prepotenza – anche violenza – per portarsi via l’animale? Per di più l’artista è stato scelto per rappresentare il suo Paese nella “Biennale Centroamericana 2008” che si terrà in Honduras. In quest’ultimo caso, almeno, qualcosa si è mosso. Le ire di associazioni animaliste e di cittadini di ogni parte del mondo hanno fatto sì che un rappresentante della Biennale abbia contattato Vargas, mediante lettera scritta in cui è stato espresso lo sconcerto riguardo la pubblicità negativa ricevuta da “Sei quello che leggi” ed è stata messa in dubbio la legittimità dell’ammissione come eccellente artista e rappresentante. A questo punto l’artista ha chiesto pubblicamente scusa e promesso che non riproporrà mai più simili progetti. Vargas, in un comunicato diffuso via web afferma che “Sei quello che leggi” non verrà più chiamata “opera d’arte”, in segno di rispetto verso quanti si sono sentiti offesi. Ha ammesso l’errore ed ha affermato che avrebbe dovuto salvare il cane invece di lasciarlo morire. E chiede a tutti di accettare le sue scuse. “Far soffrire e uccidere un cane lasciandolo morire di fame per far comprendere un problema come quello del randagismo è certamente un modo perverso per informare l’opinione pubblica – dichiara Massimo Comparotto, presidente dell’OIPA Italia (Organizzazione internazionale Protezione animali) – In verità quest’opera “artistica” è solo l’ennesimo esecrabile squallido tentativo per far parlare di sé per riempire una galleria d’arte. Josè Morales, vice presidente del ‘Special Unit for Animal Protection and Rescue’ ha commentato: “Il cane è stato legato senza cibo, non capisco come ciò possa essere considerato arte”. Raymond Schnog, presidente della ‘Humanitarian Association for Animal Protection’, ha condannato l’atto definendolo pura crudeltà, “non comprendo come un animale possa essere stato lasciato morire di fame sul pavimento mentre una frase sulle pareti era stata composta usando cibo”.
Queste organizzazioni stanno studiando il caso per presentare un ricorso davanti al tribunale locale.
Mentre guardavo le foto del povero animale morente ho visto gli occhi di Paracelso.
“Ma come è possibile?” Ho chiesto ad Adelaide “è uno scherzo?”
“Non è uno scherzo…” ha risposto.
Ho chiamato Patrick Levene il capo squadra dei macchinisti, un ex militante di Green Peace che l’anno precedente era stato sull’Esperanza per difendere le balene, e gli ho chiesto cosa ne pensasse.
Ha risposto che in questo triste mondo tutto è possibile.
Ha detto: “Tra sei miliardi di umani ci saranno sicuramente oltre un milione di sadici torturatori!”
Pensavo a Paracelso e non respiravo più.
Il telefonino ha squillato. Era Eleonora, mia moglie, con le sue eterne lamentele su nostra figlia.
Non c’è cosa più straziante di continuare ad avere contatti con le ex.
Il taglio totale è sempre la miglior cosa. Trasformare l’amore in amicizia riesce a molte persone, ma non a me. Odio gli strazi perenni e il risentimento dei cuori. E la vendetta ininterrotta in tutte le sue forme. Sfortunatamente qui c’è una figlia deficiente di mezzo. Un’assoluta bambocciona che si concede al mondo intero. E per il mondo io non sono Emiliano Dentice il regista, abbastanza conosciuto, di “Phobos”, ma il padre fesso della troia Luciana che la concede urbi et orbi.
Eleonora, inviperita, mi spiegava che ieri notte la fanciulla era tornata ubriaca fradicia e completamente fatta. Io ho detto che sto dirigendo un film e posso fare ben poco.
Beati i singles che non hanno questi strazi e di loro sarà il regno dei cieli.
Eleonora?
Un giorno Eleonora scoprì che avevo avuto un rapporto con Isidora De Gregorio, l’attrice che recita la parte della moglie di John Dee. E la prese malissimo.
La sua reazione fu assai strana: si mutilò mentalmente.
Strappò dalla sua testa la mia immagine.
Trasformò il suo amore per me in qualcosa di velenoso. Come una nube tossica.
Mise su un tavolo una foto dove apparivo in “CHI?” con Isidora e la contemplò per ore vomitando tutto il suo odio sull’immagine. E senza dire nulla assorbì lentamente odio e orrore.
Questa rimozione silenziosa è andata avanti per mesi fino a quando è riuscita ad odiarmi.
Ed è stata dura perché il suo amore per me era grande.
Eleonora è riuscita a trasformare il suo amore in un deserto.
E ha cominciato a chiamare Isidora “lumino” perché diceva che io la trattavo come una santa, circondata da mille candele. Un’idea semplicemente assurda che è parte della follia amorosa che obnubila il sentire.
E mentre subivo l’attacco di Eleonora, Isidora ha cominciato a chiedermi cosa facessi con quella deficiente di mia moglie, mezza nana, non bella e anche poco intelligente.
Ed è stato un movimento a tenaglia effettuato da due lati: un’autentica blietzkrieg.
Dopo aver assorbito l’orrore del tradimento, Eleonora si è vendicata.
Ha rimuginato la vendetta per mesi e poi ha colpito.
Ha cominciato una liaison con il mio avvocato. Si è sforzata a farlo ma lo ha fatto.
Deve aver realizzato una cosa che in effetti non voleva.
Ci sono rimasto male?
No. Io penso che le passioni si affievoliscono e diventano sempre più impalpabili. Fugaci, inconsistenti.
Alla fine resti sempre solo con la tua solitudine. Leggevo di Luigi XIV e le sue amanti.
Il Re a un certo punto della sua vita ha trovato un’amante poverissima e intelligentissima che gli dava tutto. Si chiamava Madame de Maintenon. Era vedova di un notorio poeta libertino e Luigi l’amò al punto che la sposò segretamente.
Così va il mondo: a qualcuno tocca Santippe, a qualcun altro Madame de Maintenon.
Parlavo molto con Eleonora, mi aiutava molto nei miei film.
Intelligente era, ma non creativa o geniale. Viveva nella mia ombra: una cosa che detestavo.
Non ho la minima voglia di apparire come un guru o un grande uomo.
Leggeva i copioni. Suggeriva. Ma dopo la mutilazione il suo mondo interiore si è ottenebrato.
Eleonora è diventata semplicemente un’altra. Anche l’aspetto fisico è cambiato.
E’ difficile spiegarlo ma nella rimozione ha mutilato anche il suo spirito.
Nell’avvelenare il suo sentire verso di me ha, de facto, mozzato la testa alla comprensione intellettiva e alla sensibilità. Io non meritavo tanto. E lei non meritava una mutilazione così sanguinosa.
Se avesse capito quello che veramente provo per Isidora allora, forse, sarebbe stato differente.
Ma come puoi spiegarlo a una moglie tradita e inviperita che pensa che ogni rapporto amoroso è determinato da una furente passione?
Non è così. Io provo un gran senso di pena anche a spogliarmi.
E per me un letto in una stanza separata è un’assoluta necessità.
Ho sempre dormito con Paracelso e mai con mia moglie.
Una cosa che scandalizza i miei pochi amici.
E anche dopo il sesso con Isidora resto solo nella mia stanza.
In questo mondo sussisto leggendo i miei libri e filmando.
Ho 57 anni ma, in un senso, sono già morto. Vivo in un altro mondo.
In un altro pianeta. E fare film non aiuta perché è necessario aver rapporti con gente che nel tuo intimo detesti. Con dovute eccezioni.
La mutilazione comportò stranezze incomprensibili.
Dopo che si era massacrata interiormente Eleonora mi raggiunse a Londra, nel mio appartamento, e fece l’amore con me come non l’aveva mai fatto. Poi subentrò la ripugnanza.
Se faceva sesso lo faceva con il ventre sotto così che non doveva guardarmi in faccia.
Le chiedevo se avevo l’alito pesante e lei rispondeva che si…avevo mangiato aglio.
Ma non era così. Era subentrato il rigetto fisico e quando subentra il rifiuto allora è meglio tagliare.
Desideravo Eleonora? Considerando che era più giovane di me di almeno 20 anni potrei dire che in un certo senso la desideravo. L’amavo?
Questo non so. Paracelso, si, l’ho amato come un figlio. Eleonora non so.
Però ho provato per lei un grande affetto. E il suo aiuto è stato fondamentale.
Ricercava per me, giudicava, consigliava. Un giorno si è girata verso me e ha detto: amo un altro.
Amo Cosimo Rattoli. Il tuo avvocato. Ho detto: va bene, allora separiamoci.
A quel punto ha esitato. Poi ha detto: tu hai la tua amante? E allora tienitela stretta.
Isidora è un essere di una stranezza unica.
Devo sempre controllarmi per le cose inusuali che dice.
Ieri è entrata nella stanza del mio albergo e ha interrotto la lettura di un capitolo stupendo di “Europe Central” in cui William Vollmann narra del Generale russo Vlasov, della sua cattura da parte dei nazisti, il suo successivo tradimento e della resa del generale Paulus .
Avevo appoggiato il volume sul tavolo e stavo pensando al generale tedesco, descritto magistralmente dall’americano, a Stalingrado, quando Isidora è apparsa spalancando la porta trafelata e urtata.
La tenue, elegante, alta e tristissima immagine di Paulus si è dileguata dalla mia visione interiore e si è concretizzata Isidora, con i suoi capelli corti e candidi, che mi ha detto:
“Ma che fai? Intendi usare una zoppa per la parte di Joanna Kelley?”
Ho risposto: “Si!”
E lei: “ Mi piacerebbe sapere , perché hai dato la parte a quella zoppa?”
“Claudicante, non zoppa…ho dato la parte alla Benelli perché è un’ottima attrice”
“E’ una scelta strana: la zoppia è sicuramente una limitazione” .
“Oddio…che orrore è un concetto da nazisti…”
“Allora sappi…la zoppia psicosomatica è una difficoltà di procedere con il ritmo del proprio destino, perché i piedi sono la direzione che prendiamo e le gambe la capacità di dirigersi e di sostenersi eretti. Claudicare è avere il ritmo interrotto, per difficoltà emotive se il piede è sinistro, se invece è il destro è di carattere razionale”
“Ma c’azzecca con una ragazza che claudica? Cosa?”
“Sappi che un aspetto poetico del claudicare è che, involontariamente, si finisce per procedere a tempo di valzer, ritmo potentemente simbolico, secondo me, dell’eros represso,o comunque simulato, interrotto, e nell’evolversi del ritmo sempre più veloce e con giri sempre più vorticosi mi ricorda l’isteria, sindrome assai diffusa proprio al tempo di questa danza, un’esplosione di sessualità costretta a deviare per altri canali.”
“Ma cosa dici?”
“Dico che questo modo di impostare, vedere e filmare non ti appartenga, penso che non sia incluso nelle tue scelte.”
“Ma che dici? Io la menomazione non la vedo come una mutilazione, ma scherziamo?”
”Quello che dico è costellato dal mio sguardo interiore, continuamente.”
“Non capisco…”
“Semplicemente sento bene che siamo sensibilità diverse.”
“E allora?”
“Ora vado …ma se tu vuoi io sono sempre qui per uno scambio di idee.”
“Ma quale scambio di idee se è una tragedia ogni volta che si parla”
“Non mi piace che dici di me che sono egocentrica e che non so ridere su me stessa”
“Hai un ego come il monte Everest. Tu entri nel personaggio e credi di esserlo. E’ un errore.”
“Non c’entra nulla il fatto, lo so bene che il personaggio non sono io.”
“E allora?”
“Il punto è solo che associo le immagini, in letteratura come in tanti altri campi, e le considero importanti e potentissime, direi quasi che sono come le parole stesse perché sono simboli, quasi puri, che travalicano le interpretazioni logiche.”
“Non capisco..”
Non capisco mai cosa voglia dire. Mi ha guardato ed è uscita sbattendo la porta.
Vladimir Boyasky, l’attore che interpreta l’astrologo danese Tycho Brahe, il giorno prima, fumando un immenso sigaro per infastidirla, le aveva chiesto: “E’ vero che credi nei fairies?”
Isidora aveva risposto: “ Credo nei deva delle piante, e degli elementi, esseri di luce che vi risiedono e ne conoscono proprietà e segreti. Amo molto le ortensie, ne ho vari vasi in terrazzo, mi piacciono soprattutto quelle blu, ma per ottenere questa colorazione bisogna mettere nel terreno una miscela chimica a base di ferro. La mia ortensia preferita è stata trattata vari anni con questa miscela.
Ma un giorno ho deciso di non utilizzare più alcun composto chimico per le mie piante. Per questo non potevo ottenere più il blu. Mi rivolsi al deva della mia ortensia chiedendole di accendere i colori dei fiori, salutandola ogni mattina e versando acqua diluita con fiori di Bach per il nutrimento. Quando fu il tempo della fioritura vidi l’ortensia più bella che mai avessi ammirato con fiori dal blu intenso fino al viola rosato.
Da quella volta, quattro anni fa, lascio fare tutto al deva che sceglie i colori e le sfumature dell’ortensia!
E sono ogni anno diverse e sempre bellissime.”
Vladimir la guardava e sorrideva e a quel punto è intervenuta la parrucchiera, Ines Treboldi, e la discussione è degenerata nel solito casino.
Era il giorno della caduta del governo Prodi e alcune immagini stavano scorrendo sullo schermo di una televisione accesa; era un programma di Sky News.
I macchinisti e gli autisti ridevano come matti.
Gerardo di Bossolo gridava felice: “Bravo Strano! mangiati la mortadella!”
Non capivo e mi avvicinai. Nello schermo si vedeva un tipo pelato che parlava concitatamente e un altro che sputava e faceva le corna. Sembrava una lite nel mercato del pesce di Palermo.
Ma non era un mercato siciliano, era il Senato italiano.
Corna e sputi e il tipo pelato era svenuto. Era crollato sotto l’incedere degli insulti con la bocca spalancata e lo stavano portando via.
Chiesi a Ivan Guappi, che interpreta Johannes Kepler ed è una persona seria, cosa accadeva.
Ivan stava guardando sbalordito lo schermo, si voltò e rispose: “E’ caduto il governo Prodi e stanno litigando in Senato. Quello che è svenuto è uno del partito di Mastella che si è rifiutato di votare contro Prodi, quello che fa il matto è un senatore dello stesso partito che è favorevole alla caduta del governo e che gli sta dando del traditore.”
“E chi è il tipo, con il golf rosso sulle spalle, che mangia la mortadella?” Chiesi a Gerardo.
“Ma è Strano, un grande, un bisessuale amico di Zeffirelli, un senatore di AN, lo conosco molto bene. Sono felice! E’ caduto il reprobo. E’ morto Mortadella! Ora elezioni subito e torna il grande Silvio!”
Impallidii. La gente rideva a crepapelle.
Il giorno dopo lessi sul giornale quanto era accaduto.
Cosumano, che precedentemente aveva salvato Berlusconi, aveva ora cercato di redimersi salvando Prodi,
e il suo mostruoso partitino, l’UDEUR, gli si era scatenato contro.
Quello che faceva le corna e sputava si chiamava Barbato, e il bisessuale che urlava e mangiava la mortadella, con un pullover di cachemire rosso sulle spalle, si chiamava Strano ed era un senatore catanese di AN. Era uno spettacolo inqualificabile. Puro vaudeville della casta assassina che ci governa.
Vederlo a Praga con la gente che rideva a crepapelle faceva male. Offendeva.
Appariamo, come sempre, come la nazione dei buffoni congeniti.
Mastella aveva fatto precipitare tutto quando gli avevano arrestato la moglie.
Anzi gli avevano decimato il partitino che rappresenta l’1,4 per cento dei votanti a livello nazionale.
Era roba indecorosa. Devo dire che Prodi e la sinistra si erano comportati dignitosamente.
Prodi aveva perso per cinque voti e si era eclissato.
Il popolo stava vedendo uno spettacolo infame e come reagiva a tanto orrore?
Reagiva indignato concedendo a Berlusconi un consenso di 10 punti superiore a quello della sinistra che aveva fatto la frittata con i suoi cento miserabili partitini.
Mastella imperversava in ogni dove. Provo una ripugnanza indicibile per l’uomo e per la gente che lo vota.
Ridevano tutti guardandolo; solo Oriana Cozza, la costumista, e Ivan Guappi erano pensierosi.
Ivan Guappi, un comunista di Rifondazione, aveva sussurrato: “Almeno non lo abbiamo fatto cadere noi!”
Che popolo siamo! Siamo al banditismo politico.
Siamo alla casta politico – mafiosa che fa crollare la nazione per l’interesse miserabile dei pochi.
Finito il cabaret avevo cominciato, profondamente sfibrato, a filmare la scena della lite tra due grandi astronomi.
Ivan Guappi, molto professionale, rappresentava Joahnnes Kepler e Vladimir Boyarsky che aveva appena finito di provocare Isidora, Tycho Brahe.
Stavamo filmando in uno studio non lontano dal castello.
Mio padre, che era un astronomo, aveva due quadri nel suo studio che dopo la sua morte ho portato nel mio appartamento londinese.
Il primo è un ritratto di Joahnnes Kepler; il secondo rappresenta Nostradamus che mostra, in uno specchio, a Maria De Medici, le immagini dei futuri re di Francia.
Da bambino la rappresentazione del veggente e la regina mi faceva un senso terribile.
Mi intimoriva e quando entravo nello studio di mio padre mi facevo il segno della croce.
Nel quadro di Nostradamus Maria De Medici, avvolta in ampio mantello, guarda sbalordita nello specchio mentre il veggente, protetto da un cerchio magico, indica dei segni e tiene con la mano sinistra una bacchetta.
Lo specchio è posto sopra a un caminetto, con un bassorilievo floreale, ove brucia un fuoco.
Nostradamus è vecchio, barbuto e piegato e c’è un gatto dal pelo ritto acquattato su uno dei segni magici.
I re che appaiono nello specchio sono sei; i primi tre guardano verso la regina sbigottita, gli altri tre procedono con grandi corone in testa verso il loro futuro esterno allo specchio.
E’ l’immagine di Joahnnes Kepler che mi ha indotto a girare questo film, rischiando molto.
Hilary Curtis se rappresenta una coproduzione italiano – tedesca è molto preoccupata per i futuri incassi .
Ivan Guappi è un perfetto Kepler. Györg Ganz lo ha truccato perfettamente.
Kepler ha la fronte alta e i capelli neri e corti che formano quasi una cresta nel centro della testa.
Il volto ha lineamenti aggraziati e normali. Le sopraciglia sembrano evidenziate da una “matita per sopraciglia” e gli occhi neri, accorti, smaliziati e indagatori, sono accentuati dal mascara e da un tenue “ombretto”. Il volto è delicato; femminile ma non in maniera eccessiva.
Si immagina pallore e sconforto. Una vita di noia e grandezza.
E’ fragile l’immagine del grande astronomo e il volto è incorniciato da una grande gorgiera merlettata.
Tycho Brahe, truccato con uguale maestria da Polly Trevis, appare invece come un personaggio ben diverso. Una Avon lady lo definirebbe una personalità “larger than life”.
Ha un volto duro e barbarico al punto che non sorprenderebbe se qualcuno lo prendesse per un tartaro.
Ha immensi baffi spioventi, un collare d’oro che scende fino alla parte bassa del petto, un mantello con un bavero alto alzato, e un cappello vellutato, molto coccò, con una piuma sul lato sinistro.
L’astronomo – astrologo ha un naso finto; suo cugino, Manderupa Parsberga, gli ha mollato un micidiale fendente, durante un duello notturno, spaccandogli la parte centrale della proboscide. Il taglio scende dalla fronte sino alla parte mediana del naso. Tycho ha coperto la fenditura con un naso composto da metallo, oro e argento. Per questo è chiamato “l’uomo dal naso d’argento”.
Ne ha collezionati parecchi di nasi finti, il danese, uno è finito nella collezione di Voltaire, un altro in uno scrigno di Federico il Grande. Rodolfo stravede per lui. Lo adora.
E il danese gli rifila un mare di oroscopi quasi sempre sballati.
E quando mai ci prendono gli astrologi?
Queste due personalità che si confrontano sono visioni del mondo che si scontrano.
Con lo sceneggiatore, Julian Ward e il ricercatore storico Zdenek Vitĕzslav abbiamo cercato di semplificare la collisione. L’ignoranza è immensa quindi è necessario semplificare. E ci abbiamo provato.
Ha ragione, David Carter – John Dee quando dice che il Grande Fratello ha distrutto l’Inghilterra.
Durante un sondaggio è risultato che un inglese su quattro crede che Winston Churchill sia una figura leggendaria e che non sia mai vissuto.
Kepler appare in questa valle di lacrime 28 anni dopo la morte di Nikolaj Kopernik, Copernico che ha sbancato Tolomeo. Ha mollato un colpo tremendo alla visione ieratico – dogmatica dei mondi.
Ha affermato che la terra non si trova al centro dell’universo, ma che perambula girando intorno al sole.
E’ il 1543 quando Nikolaj Kopernik pubblica De rivoluzionibus orbium coelestium.
Tycho Brahe nasce tre anni dopo e si diletta in osservazioni di grande precisione per il suo tempo;
il danese è un monarca astronomo che vive in una specie di reggia celestiale chiamata Uranieburg.
Saranno i suoi studi sull’orbita di Marte che confermeranno le tesi copernicane stravolgendo la nostra visione del mondo. Brahe scopre (si fa per dire) la costellazione Cassiopea, ne stabilisce la posizione misurandola accuratamente e inventa la sfera armillare e i sestanti astronomici e trigonici.
Ma Tycho, a differenza di Kepler, non sposa – completamente – le tesi dell’astronomo polacco.
Trova una soluzione che accontenta tutti: fa come i nostri democristiani che amavano far contenti tutti;
per non aver problemi con la Chiesa pensa a qualcosa che soddisfi il mondo intero. Si inventa un sistema cosmologico un po’ strambo. Un perfetto compromesso. Spiega che è vero che i pianeti ruotano intorno al sole, ma è ugualmente vero che il sole orbita intorno alla terra. Così accontenta i gesuiti, che più tardi cercheranno di bruciare i suoi libri. In poche parole: Brahe accetta la visione copernicana ma conserva il dogma biblico – cattolico della centralità della terra.
Kepler non è d’accordo: formula tre leggi di grande importanza studiando le orbite dei pianeti, i loro movimenti e le loro rivoluzioni. Scopre che i pianeti percorrono orbite ellittiche e su un punto è molto chiaro: considera Copernico dalla parte della ragione. E Brahe ovviamente s’incazza.
La lite si svolge tra il 1600 e il 1601. Nel 1600 i prelati cucinano Giordano Bruno a fuoco lento; quando questo accade Galileo ha 36 anni. Nel 1633, 33 anni dopo, subirà il famoso processo.
Kepler lavora con Brahe un solo anno: il danese morirà nel 1601 e Rodolfo si dispererà.
Saranno le ricerche di Brahe, salvate dalle fiamme dei gesuiti, a confermare le tesi copernicane.
Kepler sviluppa tre leggi: la prima afferma che l’orbita descritta da un pianeta è un’elisse, e in questa elisse il sole occupa uno dei due fuochi.
La seconda che il raggio vettore che unisce il centro del Sole con il centro del pianeta descrive aree uguali in tempi identici.
La terza che i quadrati dei periodi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle loro orbite.
Nel furente scontro Brahe e Kepler snocciolano tutta la storia dell’astronomia in maniera esemplare e comprensibile. Passano da Aristotele, e la sua distinzione tra fisica celeste e sublunare, ad Aristarco di Samo che, precedendo Copernico di 1700 anni, genialmente, intuisce che al centro dell’universo c’è il sole e che la terra ruota su stessa. Da Eratostene che determina con straordinaria precisione il raggio della terra a Ipparco di Nicea che cataloga la posizione di 1000 stelle. Da Tolomeo che espone il suo sistema geocentrico a Cusano che mette in dubbio l’idea della centralità della terra. Da Paolo del Pozzo che studia le sei comete e le posiziona con grande accuratezza a Copernico che elabora la teoria che la terra e i pianeti girano intorno al sole.
Devo dire che la lite è stata grandiosa e gli attori stupendi.
La querela comincia con la vibrante protesta del tedesco a causa della segretezza del danese.
La ragione è che Brahe nasconde le sue accurate ricerche.
Kepler desidera un rapporto aperto; Brahe è preoccupato che il suo geniale assistente trafughi le sue idee, come è avvenuto precedentemente con Ursus, e raccolga gloria e favore imperiale.
Kepler afferma che Brahe occulta le sue ricerche e che nascondendole non aiuta la scienza.
Lo sforzo deve essere comune.
Le tavole astronomiche del danese sono vitali per la comprensione del movimento dei pianeti.
Bisogna capire se Copernico sia effettivamente nel giusto.
Kepler dice che il danese parla delle sue ricerche solo – e vagamente – durante i pasti e che
concede esclusivamente osservazioni troppo limitate per stabilire il funzionamento dei pianeti.
Nella scena Kepler si infuria ed urla.
Se nella vita è sempre stato accondiscendente al punto di definirsi un cagnolino scodinzolante per far piacere ai potenti, la segretezza di Brahe lo fa inviperire.
Alla fine della scena ho abbracciato gli attori.
Quando lavori con veri professionisti le riprese si concludono rapidamente.
Ho salutato tutti, sono andato in albergo, sono salito nella mia stanza e ho ripreso la lettura affascinate del tradimento di Andrei Andreyevich Vlasov, un generale geniale, schiacciato tra Stalin, con cui rischia la fine del grande Tukhachevsky, e le SS che giocano con lui come il gatto con un topo.
Ho pensato alla povera moglie malata che Vlasov è costretto ad abbandonare e che Stalin liquiderà per ripagarlo del tradimento. E a Heidi, la nuova assurda consorte nazista, una Barbie ariana, che le SS gli rifilano per farlo star bene. Una vita sospesa tra NKVD e Gestapo, ve la immaginate?
Ecco cosa è il destino: trovarti in un sacca, in un kessel, accerchiato dai tedeschi; o essere il randagio di Vargas che muore di fame e sete in una galleria d’arte moderna; o essere un regista fortunato a Praga angosciato e depresso.
Il Caso gioca con i viventi, dice LaoTzu, come fossero cani di paglia.
Tira i dadi nel fondo della notte.
Siamo gli zimbelli dell’accidente.
Siamo i cani di paglia randagi che transitano su una cresta di un monte, che è il presente; e guardano affamati, verso una valle nera che è il passato e verso una valle offuscata da una nebbia profonda che è il futuro. E vaghiamo, vaghiamo senza sosta.
3 GHIMEL
Oggi a Prǐbram abbiamo fatto le riprese dello spirito Uriel che parla con John Dee. Ho utilizzato Daniele Paci. Dee è nella casa del principe polacco Laski: corre l’anno 583.
Dopo aver incontrato l’imperatore, il veggente entra in contatto con lo spirito Uriel per informarlo che ha trasmesso la patacca.
Nelle conversazione angeliche le entità che si manifestano sono spiriti giocherelloni che prendono allegramente per i fondelli. Sono entità che si divertono e che nulla hanno a che fare con la logica dello spazio – tempo. Dello spazio tempo e della legge della casualità se ne fottono altamente.
Funzionano come particelle subatomiche, non riconoscono la logica del nostro “reale”. Del “divenire”
Si collegano a eventi, a personaggi, a cose in maniera spesso precisa ma anche incomprensibile.
L’Oltre che scopre Dee attraverso Kelley, il suo medium, è qualcosa d’incostante e fatuo.
Anche molto comico. Direi irresistibilmente bizzarro. L’Oltremondo- se così si può definire perché, forse, oltre il mondo non è, ma è nella nostra testa – che ci confronta qui, con i suoi pseudo angeli è qualcosa che ha ben poco a che fare con la ragione. Non si tratta con demoni, ma con entità minori che giocano, che si beffano dei mortali e forse non sanno neanche quello che dicono. Ne quello che vogliono. Queste entità sono come bimbetti ultraterreni, anzi ultradimensionali dei quali sappiamo ben poco. Anzi nulla. La cosa è profondamente ilare ed è la ragione, oltre al ricordo di Kepler connesso a mio padre, per cui ho diretto e scritto il film con Julian Ward. Uriel che si materializza dalla pietra magica, dalla shew stone, con il volto coperto da un tessuto nero e dice che lo vuole nascondere “da coloro che insozzano il seggio dell’anima e si soffocano con la loro ubriachezza”. L’Angelo, o lo pseudo angelo, si riferisce a Kelley, l’assistente di Dee, il “Cavaliere d’oro”. Kelley vive una vita dissoluta ma ha poteri notevoli di chiaroveggenza. Senza Kelley Dee è tagliato fuori dalle visioni. Kelley è il tramite di Dee con il mondo pseudo angelico.
Uriel dice: “nell’anno 88 vedrai il sole muoversi all’incontrario, mentre le stelle splenderanno più forti e alcune cadranno dalla volte celeste” E che vuol dire 88? Che anno è esattamente? Si chiede Dee: è il 1588? o il 1688? o il 1788? La vaghezza e l’approssimazione sono sovrane nella dimensione degli pseudo angeli.
E continua: “Nella stagione avversa io sarò compassionevole verso Rodolfo e porterò nella sua casa uno che sarà abile e in lui infonderò il mio spirito affinché lavori con Dio, con l’argento e con l’oro. E capirà che l’ho benedetto”. Uriel profetizza, de facto, qualcosa su un futuro alchimista che sarà in grado di trasformare il vile metallo in oro. E prende solennemente per i fondelli perché mai nessuno riuscirà a farlo.
Paci si è mosso bene ma ha urlato troppo. Abbiamo ripetuto la scena sei volte.
Gli ho detto di calmarsi e di esprimersi come un’entità che gioca, ma che, allo stesso tempo, maschera la sua natura ludica con un’eccessiva sobrietà. Sobri non sono gli pseudo angeli, ma sembrano convinti di quello che dicono. E’ come se captassero del materiale psichico dalle nostre menti per costruire cartelli di carta.
Come se edificassero baldacchini barocchi di cartapesta con le nostre memorie.
Castelli di sabbia con le nostre sensazioni e speranze.
E Kelley riporta cose troppo stravaganti per non essere vere.
Il problema è: con chi sfrucugliano Dee e Kelley?
Con chi si connettono?
A chi o a che cosa aprono varchi nella nostra dimensione?
Kelley sembra pensare a volte che le visioni manchino di autenticità.
Ci riflette e arriva alla conclusione che probabilmente siano di natura diabolica. Non angelica.
Dee all’inizio pensa che Kelley stia fingendo. Ma con il tempo, il mago, si convince che qualcosa si concretizza veramente sulla shew stone. Che entità si manifestino.
Kelley è un vero medium: il suo corpo freme e si dibatte quando qualcosa sta per manifestarsi.
Palpitazioni, scosse celebrali, fuoco nel basso ventre. Uno psichiatra, oggi, direbbe che Kelley è uno psicotico. Ma quando Dee vede segni delle visite “ultramondane” sul corpo di Kelley, si convince.
La domanda è: siamo davanti a pure allucinazioni o c’é dell’altro?
I messaggi sono troppo strani, troppo elaborati. Sembrano un collage di pensieri, di ricerche, di eventi del loro tempo. Scismi, viaggi, desideri, studi alchemici; c’è di tutto nel calderone angelico.
Ma quando giunge l’ingiunzione di Madimi di scambiarsi le mogli; Dee dubita. Per poi ricredersi.
Scambiarsi le mogli per molti, oggi, è uno scherzo, ma ai quei tempi era un’abominazione.
Madimi chiede un “wife swapping” e tra pochi giorni lo filmerò.
Dee comincia a scrutare la sfera di cristallo, la shew stone, dal 1581.
Si dice che la pietra di Dee fosse uno specchio di ossidiana che rendeva possibile la visione delle entità.
Le voci angeliche si manifestano molto presto. Oltre a Madimi, che parla in inglese e greco, si presentano altri spiriti: Uriel, Murifri, Michael, Gabriel, e Raphael. Sulla superficie della shew stone appare un po’ di tutto; si vedono entità, scene e cose. Ma la quantità delle visioni confonde Dee che decide di prendere un assistente. A quel punto, sul proscenio della sua vita, si manifesta Edward Kelley.
Kelley scruta il cristallo e diviene lo “scryer”, mentre Dee trascrive i messaggi.
Kelley ha grande carisma e diviene fondamentale per il mago elisabettiano che è soggiogato dal potere del suo nuovo assistente. Dal marzo del 1582 i due divengono inseparabili.
A Kelley sono state tagliate le orecchie.
In passato ha manomesso un documento nella città di Worcester ed è stato punito in modo esemplare.
Lo “scryer” non è un tipo molto affidabile: la negromanzia attraverso la riesumazione dei cadaveri è stato il suo forte. Gran parte del potere di Kelley su Dee deriva da una notevole patacca.
Lo “scryer” ha detto al veggente di aver trovato in un sepolcro vescovile una polvere rossa che gli dà la possibilità di pervenire alla pietra filosofale. E gli ha raccontato di aver trovato, nella stessa tomba, anche il libro di San Dunstan che è, de facto, un manuale per arrivare alla produzione della stessa pietra.
La pietra filosofale è un agente di trasmutazione. Ma non è una pietra, è una sostanza polverosa, simile alla cera, che può essere diluita e diventare liquida. Ed è causa di profonda trasmutazione psichica perché cambia nel profondo l’essere del praticante. La pietra filosofale apre le porte luminose dell’ascoso Sé.
Si connette alla luce iperfisica nell’abisso del nostro essere. E trasforma anche il vile metallo in oro.
E l’oro che produce non è l’oggetto prezioso che conosciamo, ma qualcosa di profondamente differente.
E’ un oro spirituale e sconosciuto al mondo, che gli alchimisti chiamano: “l’oro dei saggi”
Gli alchimisti dicono che la pietra è la sostanza più arcaica, più misteriosa, più stupefacente, più sacra che ci sia mai stata nel mondo. E’ la pietra dei saggi. E’ l’arcano dell’arcano.
Jung dice che la pietra filosofale, la “Lapis”, simbolizza qualcosa che non può andare mai perduto, che non può essere mai dissolto, qualcosa di eterno, che alcuni alchimisti associano all’esperienza mistica di Dio
nell’ anima. E che l’eliminazione delle scorie psichiche che offuscano la pietra richiede una protratta afflizione.
La selvaggia passione che accomuna i due veggenti è la penetrazione dell’Oltre.
Insieme si addentrano nel territorio proibito degli pseudo angeli.
Madimi e l’arcangelo Uriel diventano gli spiriti guida di Dee.
I grandi riferimenti alla mistica cristiana fanno credere al veggente e a Kelley che le entità siano benevoli.
Gli pseudo angeli utilizzano il repertorio cristiano per manifestarsi. Si camuffano da spiriti devoti, ma in effetti non lo sono. Ma neanche sono entità infernali. Sembrano enti mercuriali che si muovono seguendo una loro “non – logica”. Kelley che conversa con gli pseudo angeli afferma che la lingua usata dalle entità sia un idioma edochiano, il linguaggio di Enoch, uno dei giusti assunto in cielo, uno dei santi assorbito nella luce iperuranica di Jahvè. L’enochiano era la lingua che Pacomio, il fondatore del monasticismo desertico egiziano, utilizzò intorno al 300 per riportare le ingiunzioni angeliche riguardo la regola dei suoi eremiti.
Dee trascrive tutto in un diario: “A True and Faithful Relation of what passed between Dr. John Dee and some spirits”. Gli anni dei contatti con gli pseudo angeli corrono dal 1583 al 1586.
Concluse le riprese ci siamo disposti davanti a un grande schermo per vedere una serie di montaggi con gli effetti speciali creati da Dominic Galley utilizzando la bimbetta francese Catherine Jodelle e altri attori.
La bimba è stata un’eccellente Madimi, ma lo straordinario lavoro di Galley ha trasformato l’apparizione dello spirito in qualcosa di grande. Dominic con i suoi computer? Un autentico genio!
Ormai si può far apparire di tutto, anche la Santa Trinità.
Puoi rappresentare virtualmente anche l’Onnipotente. Ed è bello giocare con gli effetti speciali.
Siamo tutti dei bambini come Catherine Jodelle.
La scena?
Dee chiama uno spirito che si manifesta.
E’una bimbetta tra i sette e i nove anni, ha i capelli che salgono sulla testa in un gran boccolo e discendono lungo le spalle; e ha una gonna color verde rosso cangiante.
La bimbetta è molto sexy, se così si può dire, ed è cosa da proteggere con grande cura dalle brame perverse dei pedofili. E’ inquietante utilizzare dei bambini per queste riprese, in un senso mi preoccupa e mi fa sentire in colpa. Ma la piccola Jodelle è perfetta per la parte. Seduce e offende.
Madimi, lo spirito, saltella tra i libri nel grande salone di Dee. Si butta tra cumuli di tomi, rotea e balla.
Quando ballonzola davanti a una grande specchiera Kelley si accorge che non si rispecchia.
La scena è ilare. Lo spirito dice a Dee : “Sono una bella bambina? Fammi giocare nella tua casa!”
E flirta con gli umani. E Catherine è bravissima. Ganz l’ha truccata splendidamente.
Un misto d’innocenza, sessualità e perversità. La madre che l’osserva si dovrebbe preoccupare.
Io ne so qualcosa: mia figlia ha cominciato in questa maniera ed è diventata un bordello ambulante.
“Come ti chiami?” Chiede il Mago elisabettiano.
“Sono la povera fanciulla Madimi” lo spirito risponde “sono la penultima dei figli di mia madre.
Ci sono degli infanti a casa mia!”.
Madimi è un nome magico usato da Agrippa, – pensa Dee – un nome che risalta da un testo molto usato dell’alchimista.
“Dove è la tua casa?” Insiste Dee.
“Non posso dire dove abito o sarò battuta”.
Dee, credendo ingenuamente di parlare con un spirito celestiale, la butta sull’etico.
“Non sarai punita per dire il vero a coloro che amano la verità. Tutte le creature obbediscono all’eterna verità.”
E l’impertinente spirito risponde: “Ti metto in guardia. Tu devi essere obbediente. Le mie sorelle dicono che devono venire ad abitare con te.”
Poi la bimbetta ultraterrena mostra un’immagine in un librucolo, lo apre e chiede:
“E’ grazioso quest’uomo?”
E si sprofonda nel regno della bizzarria.
“Qual è il suo nome?” Chiede il mago.
“Edoardo. E ha una corona sulla testa. Quest’uomo era “jolly”, allegro, quando era re d’Inghilterra.”
“E quando fu re d’Inghilterra quest’uomo?”
“Perché mi fai questa domanda? Io sono una povera fanciulla. Oh…ecco suo padre, Riccardo Plantageneta e quest’altro è suo nonno”. Madimi ha tirato fuori dalle nebbie del tempo Edoardo IV, il monarca della guerra delle rose che ascese al trono nel 1461, e snocciola una complessa genealogia reale mostrando le immagini dal volume. A un certo punto, dopo una domanda di Dee che cerca di capire le ragioni della genealogia che si ramifica dall’Inghilterra alla Francia, dalla Danimarca alla Polonia, Madimi, annoiata, non risponde e scompare. La logica della genealogia sembra sia stata di collegare – in maniera bizzarra ma allo stesso tempo lineare – Laski, l’anfitrione di Dee, a una casa reale.
Gli effetti speciali sono sconvolgenti.
Nel secondo montaggio è apparso sullo schermo un altro spirito: Murifri.
Ho utilizzato il romeno Ion Iorga.
Murifri appare, il 3 di giugno, a Dee e Kelley vestito da “yokel”, cioè da rustico, da contadino.
Da cafone. E’ tutto vestito di color rosso come un giocatore del Liverpool.
Rossi sono la giacca, le scarpe e il capello con i bottoni. L’apparizione di Ion mi ha fatto sobbalzare.
E’ apparso sdentato, cupo con immense occhiaie violacee e gli occhi sbarrati.
Se Madimi è una bambocciona allegra e seducente, Murifri è cupo, tetro e pieno di risentimento.
E spiattella una verità che potrebbe aderire perfettamente al nostro tempo.
Dice:“L’inferno stesso è stanco della terra. Il figlio delle tenebre giunge e pretende il suo diritto;
e osservando che tutto è disposto e che a tutto è stato provveduto, desidera di costituire un suo regno”
Murifri, poi, svanisce in un turbine mentre Dee e Kelley si riparano da una luce accecante.
Nel terzo montaggio è tornata Madimi.
E’ il 15 agosto del 1584: appaiono a Kelley una serie di visioni alchemiche conturbanti.
Da una grande fornace esce, da cinque aperture, un fumo caliginoso, soffocante.
Da un lago di pece nera emerge un leone con sette teste e un grande martello con un sigillo.
Dopo che queste visioni svaniscono in una foschia opaca appare Madimi non vestita da bimbetta ma con un aspetto fisico devastante. Ho utilizzato per le riprese l’irlandese Petronella O’Gary.
Vedendola la prima volta ho pensato a una ninfomane di un bordello di quarta classe.
Una che scopa con piacere e che è fiera del suo lavoro perché rende felici gli uomini.
Petronella è perfetta per la scena che tra pochi giorni riprenderemo, the mystic wife swapping, in cui Madimi ingiunge a Dee e a Kelley di scambiarsi le mogli. In questa ripresa con l’aiuto degli effetti speciali Petronella trabocca di perversa sessualità. Ha i seni scoperti e si massaggia il ventre. Dietro il mantello violaceo s’intravede la nuda vulva nera e vogliosa. Quella che appare è una Madimi apocalittica che grida:
“Guai ai re della terra saranno macinati in un mortaio. Guai ai falsi predicatori. Yea! sette volte guai a loro, perché sono le zanne della bestia. Guai alle vergini della terra, perché hanno detestato la loro verginità, e sono divenute le concubine di Satana. Guai ai libri della terra perché sono corrotti!”
Sto attraversando un periodo di tranquillità sessuale, una pace dei sensi che confina con l’impotenza, ma vedere Petronella, trasformata da Dominic Galley e dai suoi effetti speciali, mi ha fatto un certo senso.
Mi sono allupato: Lazzaro è risorto per alcuni istanti.
Ed essendo risorto Lazzaro ho chiamato Isidora sperando in un amplesso.
Ma Isidora era “morose”, tetra, come dice Dee dello spirito Murifri.
L’ho buttata sul faceto. Le ho parlato della scena del wife swapping per sentire quello che pensava.
E ho cominciato ad accarezzarla. Si è spostata e ha cambiato discorso.
Ha detto: “Lo sai che una volta la mia cagnolina ascoltando i canti delle balene si è messa a scodinzolare, poi è saltata sul tavolo per capire cosa erano quei suoni, e alla fine ha provato ad intonarsi, tutta contenta?”
“Veramente…?”
“Sai che Frits Staal, un famoso indologo, ha condotto uno studio sui suoni del Sama Veda, un insieme di inni sacri antichi indiani costituiti dai mantra, e ha scoperto che riproducevano esattamente i suoni degli uccelli dell’India?”.
“Frits Staal? Non lo sapevo…”
“Si…ascolta….siccome i mantra sono considerati suoni energetici da cui scaturirono tutte le forme dell’universo, Frits Staal ha concluso che in realtà gli animali li cantano per celebrare la potenza della natura e ricrearla incessantemente!”
“Gli animali cantano?”
“Si…tutti cantano…sono canzoni i suoni delle balene, i segnali del battito delle zampe degli elefanti che comunicano da grande distanze, le danze nuziali degli uccelli e qualsiasi espressione libera degli animali!
Gli animali fanno incessantemente l’amore con l’universo, lo sai?”
“No…francamente vedo le cose in maniera differente…”
“E sbagli… e così dovremmo essere anche noi che invece affondiamo nell’opaco spessore delle parole concettuali e nulla più ritroviamo nei suoni energetici dell’universo.”
“Siamo dei morti viventi dediti all’autoinganno…è vero…”
“Si…non sentiamo più il ritmo, nell’innocenza, nello stupore, della profondità della riscoperta reciproca.
Bramiamo i corpi: ognuno brama il corpo dell’altro. Non conosciamo più le energie, i campi elettrici – emotivi, i centri di vibrazione, le potenze, che attraversano l’universo dell’essere e che a noi si uniscono, in noi si dissolvono, non ascoltiamo più il canto della natura, la potenza delle forze vitali, della sapienza, dell’energia primigenia, tutta potenza ancor prima di qualunque atto, di qualunque definizione, di qualunque gabbia”.
Continuavo ad accarezzarla pensando alla spudorata rappresentazione della O’Gary.
“Sei arrapato eh? Vuoi una sveltina? Vero?” Mi ha chiesto serrando gli occhi come due cicatrici.
“Ma no…” Ero imbarazzato come un bambino colto a mangiare di nascosto la Nutella.
E lei ha imperversato: “Allora, se pensi a una sveltina, breve e al punto, come dici sempre di tutto, te lo dico subito che è un pessimo modo di fare l’amore…”
“Si ma non cominciamo con l’amore taoista senza eiaculazione che è roba da sadici…scusa…mi fai scoppiare la prostata…”
“Eccolo lui…il “breve e al punto”. Sai una cosa? Quello che ti manca è proprio la fantasia dell’ irrilevanza delle regole, della logica e del ragionamento, la profondità dell’istinto creativo e dell’intuito femminile, la visionarietà sensuale, il caos erotico primigenio, il perdersi dentro un profumo, un aroma o un gesto che divengono porta d’accesso all’infinito.”
“Mi manca tutto questo? Forse…sono i tempi…non concedono.”
“Si…ti manca la gestione della lentezza, il dimorare nella pausa fra due suoni, nel silenzio dell’estasi prolungata oltre i confini del corpo…. l’assaporare le particelle di universo racchiuse in un centimetro di pelle; il fondersi con l’altro senza alcuno scopo, piacere compreso. Essere il piacere è ben diverso dal provare piacere, così come essere il coraggio è ben diverso dall’essere coraggiosi.”
“Seguo…”
“Anche per fare veramente l’amore e per vivere l’infinito, al quale l’amore ti fa accedere, è necessario abbandonare sulla soglia l’ego ed avanzare con il proposito di penetrare un archetipo: l’unione di maschile e femminile, l’annientamento di ogni parametro discriminante, l’armonia di ogni sapore, la commistione di ogni energia, dentro i singoli innanzi tutto”
“Seguo…” speravo che dopo la predica si approdasse ai fatti.
“Non segui ma continuo… si… essere anche energia maschile per la donna e aprire la propria energia femminile per l’uomo, ed entrambi fare da porta per accedere all’altro, dove l’arrivo non è l’unione di due corpi ma la cancellazione di ogni separazione. L’unione dei due corpi porta ad un’unica completa energia, generata da entrambi e che si diffonde in entrambi, accendendo tutti i siti di potenza e sapienza.
Ma tu dai troppe regole. Chiama la tua zoppa! E ti dico una cosa: ho sbagliato ad accettare la parte della moglie di Dee. Detesto il wife swapping. E dì a Henke di non mangiare aglio dal momento che lo devo baciare: mi fa vomitare! ”
Si è alzata ed è svanita. E Lazzaro è precipitato nuovamente nel buio muscoso del suo sepolcro.
Celine diceva: le più ribelli bisogna strangolarle una dopo l’altra. Aveva una segretaria che lo massacrava con le sue avance.
Casadei, l’assistente regista, sabato 9 febbraio, era in lacrime dal gran ridere.
Aveva in mano un giornale italiano con l’immagine di vasa vasa Cuffaro con i cannoli.
Si è seduto, mentre sorseggiavamo birre, caffè e whisky, e ci ha informato che la signora Mastella era andata in pellegrinaggio da padre Pio per ringraziarlo di essere stata liberata dagli arresti domiciliari.
La consorte del reprobo aveva scomodato il santo, nell’alto dei cieli, per questa roba disgustosa .
Vasa vasa , nella foto, offriva un vasoio pieno di cannoli. E tra un bacio e un altro i suoi amici democristiani – che sbaciucchia salivando continuamente in maniera disgustosa – se li erano pappati tutti.
Mi sono detto: che cosa sporca è il mio paese che tollera orrori infamanti di questo tipo.
Il rapporto tra corruzione e religione è pura poesia tenebrosa. E’ bolgia dantesca di caligine e merda.
I mafiosi assassini vivono una vita di preghiera. Riina supplica , Provenzano prega girando con una bibbia sotto il braccio. I corrotti ricorrono sempre a Padre Pio. Tutti devotissimi. Tutti a pecoroni davanti a santi e pontefici. Tutti con le candeline accese davanti ad azzimate e faraoniche madonne coperte d’oro.
Tutti a Lourdes. Tutti a cantare nenie e a fregare la gente. Casadei rideva a crepapelle: “Guardali sti delinquenti ! E pensa a tutti sti stronzi de corrotti che li votano! Semo n’popolo de merda! Mastella ora va con Dini a raccogliere i 30 pezzi d’argento. Il prezzo del sangue di Prodi!”
Ho risposto: “Gli uomini vivono nell’autoinganno collettivo. Vuoi che ti faccia degli esempi?”
“Ascolto… ” ha risposto asciugandosi le lacrime “ma fai un bel film su Mastella e Vasa Vasa…no?
Dai sentiamo sull’autoinganno…”
“Ok…” ho detto “prendi Tom Cruise e quella demenziale cazzata in cui crede.”
“Scientology?”
“Per l’appunto! E’ possibile mai credere che la nascita del mondo è dovuta a una punizione inflitta all’umanità, 75 milioni di anni fa, da un superman galattico chiamato Xenu che era il governatore della nostra galassia? Chi se la può bere una stronzata del genere? Dimmi tu…eppure ci credono in tanti.
Come i Mormoni credono alle stronzate dell’angelo Moron; è possibile mai credere alle fesserie di Joseph Smith? Lo sai che i mormoni credono in una trinità corporale?”
Casadei era scosso dalle risa ma Isidora era serissima.
“Si… tu ridi… ma è così” Ho continuato ridendo anche io “ giorni fa ero a Londra, me ne andavo per i fatti miei, quando ho visto dei giovani vestiti da monaci tibetani che manifestavano. Mi sono incuriosito e mi sono avvicinato a uno dei monaci, o pseudo monaci, che sembrava più inglese del fish and chips e gli ho chiesto perché stava dimostrando. Il giovane, con un marcato accento londinese, mi ha risposto che protestava contro la condanna del demone Dorje Shugden da parte del Dalai Lama. Non sapevo chi fosse Dorje Shugden e ho chiesto delucidazioni. Un tipo grassoccio, che mi aveva riconosciuto, è intervenuto e mi ha detto che dovevo fare un film su Dorje Shugden. Ho chiesto: ma chi è? E lui: è un demone potentissimo che il Dalai Lama non riconosce più, ma che noi veneriamo. Un demone? E che c’azzeccate voi inglesi con un demone tibetano? E quello: noi lo veneriamo perché è un potente demone. E perché venerate un potente demone? Perché no? Non riuscivo a capire come nel mondo attuale esistessero dei giovani che prendevano come punto di riferimento un spirito maligno tibetano. E’ mai possibile mi sono chiesto?
Mentre meditavo sulla bizzarria dei giovani pseudo monaci, un tipo macilento con il capo rasato si è avvicinato e mi ha detto: ho visto il suo film “Phobos” e mi è piaciuto. Vuole sapere chi è Dorje Shugden? E’ il demone a cui è stato attribuito, nel 1997, il massacro di un lama che lo criticava aspramente. Anche nominarlo è pericoloso. E noi per difenderlo e non farlo uscire dal pantheon delle divinità buddiste abbiamo creato una “Coalizione internazionale pro- Shungden”; e i cinesi, che non amano il Dalai Lama, ci stanno dando una mano. Ma voi cosa volete esattamente? Ho chiesto. Mi ha risposto: noi vogliamo la libertà religiosa. Legga qui! E mi ha mostrato un cartello con scritto “Dalai Lama please give religious freedom” Sono rimasto allibito. Ma mai sorprendersi di niente. Siamo sei miliardi di coglioni e tra questi sei miliardi di coglioni trovi anche mormoni, scientologisti, mafiosi devoti, atei devoti e i seguaci di Dorje Shugden.”
“Scusa Emilano” mi ha interrotto il capo macchinista, Egidio Crisafulli “e Ratzinger dove lo metti?
E che credere all’infallibilità papale ti sembra una cosa da meno? Scusa… sai… ma uno che ti spiattella una dichiarazione come quella della “Dominus Deus…”
“Dominus Dei” ha corretto Ivan Guappi che è coltissimo.
“Si Dominus Dei…che afferma – nel 2008 bada bene, non nel 1300 – che non c’è salvezza fuori della Chiesa secondo te è più credibile dei cretini di Moron o Dorje Shugden?”
“Sai cosa odio di quel cretino di Cruise e della suo movimento del cazzo?” – interloquì Gerardo de Bossolo – “che ce l’ha con i gay e con la promiscuità sessuale…e anche con i comunisti…io e te mio caro Ivan, se Cruise converte il mondo, saremmo spediti sulla luna o in qualche prigione galattica …”
“Ci manda su Marte…ah ah ah…sono finiti gli esempi?” Chiese Ivan Guappi “sono abbastanza spassosi…”
“No … un altro esempio: sempre a Londra una giovane mussulmana di Southall si è dilettata a scrivere poesie sulla decapitazione, sul taglio delle teste effettuato dai macellai di El Qaida. La giovane otteneva orgasmi contemplando brutali decapitazioni. Leggeva del taglio delle teste e raggiungeva l’acme del piacere senza mettere a rischio la sua verginità. La fanciulla si chiama, se ricordo bene, Saluna Malik e lavora a Heathrow, cioè nell’aeroporto di Londra. Gente riflettete! Un’esaltata che si gloria nella decapitazione degli infedeli lavora nell’aeroporto londinese! Hanno trovato una poesia intitolata “How to behead”, come decapitare, dove la fanciulla islamica spiega, con suprema semplicità, che non è né difficile né imbrattante mozzare la testa a qualcuno. Decapitare è “a peace of cake” come direbbero gli americani. E’ easy: come ingoiarsi un pezzo di torta alle mele!”
Ivan rideva: “ Ragazzi, il Corano é come Nietzsche, la Bibbia o il Berlusca, lo interpreti come vuoi…
Un giorno è nero, il giorno dopo è bianco. I moderati islamici dicono che Maometto amava la pace?
Bene! E subito dopo trovi Bin Laden, o il guercio Omar, che ti dice un’altra cosa. L’interpretazione è cangiante! Trovi roba che afferma una tesi e poco dopo la contraddice. Ehhh…les prophetes…miei cari!
Vi faccio un esempio: Baitullah il fetente che sembra abbia fatto massacrare Benazir Bhutto ha detto: “Attenzione che sul pacifismo del Corano vi sbagliate; Allah in ben 480 occasioni esorta alla Guerra Santa. E noi ubbidiamo agli ordini di Dio”. E dal momento che Allah per ben 480 volte incita alla Jihad manda scemi carichi di tritolo a farsi saltare per aria. A Ratzinger si può dire di tutto ma sul fatto della violenza coranica ha ragione da vendere”
Fu a quel punto che arrivò Patrick Levine e mi invitò a guardare un CD che era giunto da Londra.
Procedemmo verso una sala dell’albergo con un grande schermo istallato dalla produzione che aveva adibito l’intero stabile a studio, ristoro e abitazione. Isidora e Ivan Guappi ci seguirono nella stanza,.
Gli altri si allontanarono. Sullo schermo apparvero scene d’indescrivibile orrore.
I giapponesi della Yashin Maru avevano massacrato due balene: una megattera e quello che sembrava il suo piccolo. Quando vedo cose del genere mi sale un’onda di odio irrefrenabile nel cuore.
Come una vampata di livida rabbia e impotenza. Ricordo che durante le riprese di Phobos, mentre filmavamo la storia dei cavalli massacrati durante la campagna di Russia, mentre analizzavo gli spezzoni dei filmati del tempo, stavo fisicamente male. Migliaia di cavalli massacrati, travolti, schiacciati dai carri armati, spappolati dalle bombe, intirizziti dal gelo, congelati, ammazzati, scannati e divorati. Una folle ecatombe. Hitler non provocò solo la morte di ebrei e di oppositori innocenti ma di milioni di bestie che non c’entravano nulla con la guerra. Perché non erano i cavalli, i muli e i cani a gridare Duce! Duce! E Sieg Heil! Sieg Heil! Erano i popoli sovrani. Erano le masse umane che urlavano. Che volevano la guerra.
Che credevano di vincerla in quattro e quattr’otto contro poveri albanesi, insignificanti greci e miseri slavi.
Non c’erano le bestie a inneggiare al conflitto sotto Palazzo Venezia o a Norimberga; c’erano umani imbecilli che non capivano – o facevano finta di non capire – il pandemonio che avrebbero suscitato.
Che non capivano – o facevano finta di non capire – che avrebbero spalancato le porte dell’inferno.
A incitare alla guerra c’era la specie idiota e assassina che corre incontro al macello gridando Got mit uns et similia. Pazzi furiosi come i generali tedeschi che credevano di terminare la campagna russa entro l’autunno. Stati di criminali. Non popoli ingannati da banditi nazifascisti ma nazioni di delinquenti.
Di folli assassini. Masse che avevano voluto la guerra e scatenato una carneficina smisurata d’innocenti
umani e non umani. Mentre filmavo, anche se sapevo che gli orrori che riprendevo erano simulati, delle volte vomitavo. Non riuscirò mai a capire come una specie abbia potuto perpetrare simili turpitudini.
L’umanità è una genia tremenda e non sa di esserlo. O sa di esserlo e fa finta di niente.
Collegai la storia dei cavalli massacrati alla sedizione del generale Von Seydlitz che incitò alla rivolta contro Hitler – e fu tra i pochi – con vari momenti della resistenza tedesca al nazismo, tessendo la narrazione in un arazzo di sangue per poi trasferirla, in un gioco di scatole nelle scatole, nel tempo del massacro delle balene. E lì inclusi la storia di un comunista italiano – che assomiglia stranamente a Mussolini –, che odia i massacratori dei cetacei e detesta con tutte le sue forze il capitano psicotico di Moby Dick, il “mitico” Achab: l’archetipo incarnato del mostruoso, scellerato dominio umano sugli altri viventi e sul pianeta.
Il libro, la baleniera, è di uno scrittore italiano: Pio Claricco, un uomo che vive il dolore dello strazio animale sulla propria pelle. Che vive come un uomo a cui è stata raschiata la pelle dal corpo: carne sanguinante esposta a tempo e mondo. Il protagonista del film diviene il primo martire animalista suicida: si fa esplodere con un motoscafo contro una baleniera. Voi che leggete avete, forse, già visto il film che mi assicurò il Leone d’Oro al Festival di Berlino. Guardando il filmato che mi aveva portato Patrick Levine stavo nuovamente immergendomi nell’orrore. Le immagini mostravano i giapponesi della Yashin Maru intenti a massacrare una megattera e il suo piccolo. L’agonia della balena era durata 20 minuti: stavo fremendo mentre la guardavo. La megattera aveva un grosso arpione conficcato nelle carni e anche il suo piccolo, di 12 mesi, era stato crudelmente ammazzato. Era orribile vedere il filmato.
Isidora piangeva, si alzò ed uscì. I giapponesi della baleniera giustificavano il massacro con uno striscione su cui era scritto che l’eccidio era eseguito per ragioni scientifiche. La reazione era stata grande. Incontenibile.Giungevano mail che incitavano ad un attacco alla nave. Affondate la nave, bombardatela! Scrivevano. Le riprese erano state eseguite da un vascello australiano l’Oceanic Viking mandato dal governo laburista australiano a inseguire la baleniera.Minoru Morimoto direttore del Japan Institute of Cetacean Research – un’organizzazione che esegue ricerche scientifiche paragonabili agli esperimenti di Mengele – spiegò che le balene non erano madre e figlio. Come dire: insomma, non rompete le palle, piantatela, non abbiamo ucciso il baby! L’Australia chiedeva alla Corte dell’Aja d’intervenire.
Alla fine del filmato Patrick Levine ha detto: “Ho sbagliato dovevo andare con Watson. E sai una cosa? dovresti filmare la guerra del grande pirata contro questi assassini!”
Risposi: “Ci vuole un kamikaze che faccia saltare la Yashin Maru.”
“Mica una cattiva idea!” Precisò Patrick.
Chiesi: “Ma Watson esattamente che fa?”
Rispose: “Watson è un grande pirata. La prossima volta mi arruolerò con lui e non con Green Peace.”
E pazientemente mi spiegò tutto.
4 DALET
Ieri, 17 febbraio, abbiamo eseguito, a notte fonda, alcune riprese nel Palazzo di Pernštejn .
Abbiamo ideato, con Julian Ward, una seconda versione dell’incontro tra Rodolfo, Dee e Kelley.
Abbiamo utilizzato la fantasia di Gustav Meyrink basandoci sul suo “L’angelo della finestra di occidente” esperimentando una scena differente da quella filmata precedentemente.
Era l’una di notte e non avevo voglia di scherzare.
Ho detto a Girardo de Bossolo di provare a non fare il cretino per due ore e ad Attilio Raimondi – che fa la parte di Emericus – di non stuzzicarlo con battute omofobiche.
La versione di Meyrink contrasta con le versioni dei vari studiosi del mago elisabettiano e Rodolfo.
Marshall, Dauxois , Erlanger, Woollett e altri scrivono cose differenti.
Ma la stravolgente, metafisica, barocca immaginazione dell’autore bavarese è traboccante e andava esplorata.
Il direttore della fotografia era in ritardo come al solito; abbiamo cominciato appena è giunto trafelato. Mi sono parecchio arrabbiato: non tollero ritardi.
Meyrink descrive l’imperatore come un nero spettro con le mani giallastre e il mantello logoro.
Questa rappresentazione di Rodolfo l’abbiamo evitata.
Ho seguito il mio Rodolfo, quello rappresentato da Hans Von Aachen e descritto da vari personaggi dell’epoca, ho seguito parzialmente la narrazione fantasiosa dello scrittore viennese.
L’imperatore si manifesta da una porta luminosa, Dee si inginocchia, e Rodolfo gli dice di alzarsi se vale qualcosa. Il monarca di Meyrink non vuole perdere tempo con ciarlatani che abbondano nella sua ricerca: l’alchimia è una cornucopia di bufale, un flusso incontrollabile di smodate patacche.
Rodolfo arriva al sodo e dice: signori, glissons sui saluti, gli inchini, i salamelecchi e pippe varie e arriviamo al punto: ce l’avete questa fottuta tintura?
Dee risponde: ben oltre la tintura abbiamo, Maestà
Avete più della tintura? Chiede Rodolfo perplesso; come per dire: ma stiamo pazziando qui?
E poi precisa: attento uomo, le vanterie con me non ti porteranno lontano.
Dee spiega che non è il guadagno che lo ha portato a Praga ma la sapienza imperiale del grande adepto.
Rodolfo borbotta: lascia perdere il grande adepto perché le mie conoscenze sono limitate, ma sappi che sono in grado di capire gli inganni. I ciarlatani li fiuto da grandi distanze. Hanno un odore stantio. Allora: fammi vedere la tintura!
Kelley interviene ed estrae da un sacco di cuoio la bilia bianca di San Dustano. E dice: ci metta alla prova, Maestà.
Rodolfo lo guarda con immenso disprezzo e chiede a Dee : chi è costui? Come per dire: da dove sbuca fuori sta munnezza?
Dee, intimorito, spiega: quest’uomo, Sire, è il magister Kelley.
Rodolfo incalza: mi sembra un imbroglione patentato. Uno dei mille ciarlatani che mi vendono patacche.
Non mi piace la sua faccia
Secondo Meyrink Rodolfo ha lo sguardo da avvoltoio stanco.
Il mio imperatore, invece, ha una stanchezza sublimale che non lo fa regnare ma lo fa solo cercare ciò che non può essere trovato. Il monarca è un infinito naufragio. E’ un eterno perdersi in ciò che non è.
Dee insiste: Sire ci ascolti.
Un vecchio servitore porta una sedia da campo: Rodolfo si siede
Dee dice: abbiamo ben oltre che la tintura; possediamo cose ben più alte.
Rodolfo, grattandosi la barba sparuta sul mento immenso, chiede: e che c’è di più sublime della pietra filosofale?
Dee risponde: la sapienza
E Rodolfo: ma siete forse degli eunuchi? dei preti? A chi obbedite?
Meyrink a questo punto fa dire a Dee che obbedisce all’angelo della finestra di occidente
Noi abbiamo cambiato versione.
Dee dice: obbediamo agli angeli.
E cosa vi ordinano gli angeli?
Ci ordinano di eseguire la trasmutazione dal mortale all’immortale. Come Elia.
Ahhh…. volete andare in cielo come Elia? Volete essere assunti in cielo? Mormora il sovrano ridendo.
No, Sire, non siamo dei ciarlatani, noi cerchiamo la somma sapienza dell’adepto.
Rodolfo si rivolge a Kelley: insomma che sapete fare? Dimmelo tu, uomo, che sembri più ardito di questo
scuro fantasma. Poi decide e taglia corto: Ascoltate, dice: prima trasformate il vile metallo in nobile e poi mi parlerete degli angeli. Si alza e scompare.
E’ andata bene.
Girardo de Bossolo scappa dicendo: ho un tesoro boemo che mi attende nella mia stanza. E ridacchia.
Ed Emericus: Non ti strozzare con lo sperma!
L’ho azzittito.
Quale versione sceglieremo? Non lo so. Proporremo una versione differente dell’incontro?
Ci devo pensare.
Erano le quattro di notte quando sono tornato in albergo.
Patrick Levene si è seduto con me e Adelaide Penso, la segretaria di produzione, e abbiamo parlato per due ore di Watson. Ero profondamente incuriosito e ferito dal filmato delle balene.
Vediamo se riesco a spiegare con semplicità quello che penso dopo aver ascoltato Levene e la Penso: due animalisti radicali. Ascoltandoli con grande attenzione – anche se molte cose già le conoscevo – sono arrivato a queste conclusioni:
Capitan Watson é un Achab capovolto. Un Achab invertito
Achab era ossessionato da Moby Dick e lo cercava ossessivamente per tutti i mari.
Watson insegue, invece, coloro che massacrano le balene.
E anche lui, come Achab, li cerca per tutti i mari.
Uno distrugge viventi, inermi e innocenti, l’altro cerca di fermare la strage.
E Watson, a differenza di altri, usa una “limitata” violenza per difendere le balene.
Quando Watson chiese al delegato giapponese Tadahiko Nakamura se era preoccupato per i suoi figli che non avrebbero più potuto vedere le balene, il giapponese rispose: si arrangeranno, una specie in più una meno conta assai poco. Il mio dovere è verso la mia famiglia e la mia patria. Me ne fotto delle future generazioni. Conta il profitto. Senza balene i giovani giapponesi sopravviveranno come noi siamo sopravvissuti.
Joji Morishita della Japanese Fisheries Agency confermò che il massacro delle balene è tradizione nipponica. E’ orgoglio nazionale.
Andrei Behr proprietario della baleniera pirata Sierra è stato ancora più lapidario dei giapponesi; dopo che gli affondarono il suo vascello – killer disse: se le balene le stiamo estinguendo perché non approfittare – prima che svaniscono completamente – e guadagnarci qualcosa?
Qui è “in essenza” tutta la filosofia specista che sta distruggendo la terra.
Questa è la filosofia degenerata che sta annichilendo il pianeta.
Watson a differenza del buonismo animalista, mieloso e peloso, usa violenza in difesa degli inermi.
Ed è particolare perché non esita ad affrontare lo scontro violento quando si confronta con le baleniere assassine.
Ci sono due modi di contrastare i killer giapponesi.
Il primo è quello di Green Peace che conduce una battaglia che non scaturisce nella violenza.
L’altro è quello della Sea Shepherd Conservation Society che usa tattiche più aggressive.
Watson sta a Green Peace come SPEAK e SHAC stanno all’animalismo inglese classico.
Watson ha le sue idee e spiega che la Sea Shepherd Conservation Society è un’organizzazione che rispetta le leggi.
Watson dice: “Io non infrango le leggi: le sostengo. Non condanno né deploro l’uso della violenza per far rispettare la giustizia. La forza è nella diversità degli approcci e io sostengo tutti i metodi di combattere per proteggere questo pianeta e la biodiversità”.
E aggiunge: “Sostengo tutti i metodi di combattere per proteggere questo pianeta e la biodiversità.
Il fatto è, comunque, che per gli ecosistemi del mondo, per le specie in pericolo, per tutte le piante e gli animali, non esistono diritti.” Watson dice: balene, animali e anche piante.
E precisa: “L’industria della carne è una delle più distruttive per l’ambiente che esista sulla faccia della terra. La pratica dell’allevamento e della macellazione di maiali, vitelli, pecore, tacchini e polli non solo sfrutta vaste aree di terra ed enormi quantità d’acqua, ma è anche la maggiore responsabile delle emissioni di gas serra nell’ambiente anche più della stessa industria automobilistica.”
E chiede: “Allora perché i più importanti gruppi ambientalisti al mondo non conducono campagne contro l’industria della carne? E perché il film “An Inconvenient Truth” dell’ex vice presidente americano Al Gore non denuncia la scomoda verità secondo cui l’industria della macellazione produce più emissioni di gas serra dell’industria automobilistica?”.
La risposta è: quando si tocca il petrolio si elevano baluardi tremendi di resistenza.
I colossi del petrolio e dell’industria automobilistica non vogliono sentir parlare di tagli di emissione
Coloro che inquinano sono i primi affossatori del trattato di Kyoto.
E un giorno non lontano dovranno affrontare un loro personale processo di Norimberga per aver fatto massacrare il pianeta.
Watson è un “biocentrista”, un termine infinitamente migliore di “animalista”, che per ragioni assolutamente inani molti animalisti aborrono. È un uomo colto che conduce la sua risoluta battaglia contro killer che usano armi micidiali per massacrare viventi indifesi. La sua battaglia attuale è contro il Nisshin Maru. Un killer spietato dei mari.
John Vidal che ha seguito i vascelli della Sea Shepherd e di Green Peace dice che si stanno scontrando ego mostruosi tra le due leadership ma che tra gli equipaggi c’è grande rispetto.
Gli attivisti Sea Shepherd combattono la loro battaglia vomitando di tutto sulle baleniere nemiche.
Coprono il ponte del vascello killer con acido butirrico, con bombe puzzolenti che fanno vomitare per l’odore che emanano, fango, urina, dolci di cioccolata e utilizzano cannoni ad acqua e fucili che sparano chiodi. In molti casi cercano di imbrigliare le eliche dei motori con delle corde.
Le tattiche di Green Peace, invece, sono quelle di mettersi tra la baleniera e le balene.
Green Peace segue tattiche non violente. Watson usa violenza“limitata”.
E riguardo la sua tattica, dice: “Penso che le critiche siano irrilevanti. La Sea Shepherd deve rispondere soltanto ai suoi membri e ai suoi clienti. I suoi clienti sono gli esseri che vivono negli oceani. Subito dopo che affondammo metà della flotta islandese che dava la caccia alle balene nel 1986, un mio ex collega di Greenpeace mi avvicinò per dirmi che ciò che avevamo fatto in Islanda era “un’azione codarda, condannabile, criminale e imperdonabile.” Gli risposi: “E allora? Non abbiamo affondato quelle navi per voi o per i sei miliardi di stronzi ominidi che vivono su questo pianeta. Le abbiamo affondate per le balene. Trovami una balena che non sia d’accordo con l’azione e non ne faremo più di simili, ma fino a quel momento, non potrà fregarcene di meno di cosa abbiano da dire gli esseri umani riguardo all’azione.”
Questo potrebbe essere un brano evangelico del nuovo “animalismo” o meglio del nuovo “biocentrismo”.
E ancora: “Questo movimento non ha bisogno di vigliacchi. Questo movimento ha un immediato bisogno di disciplina, sicurezza e di spirito marziale.”
Spirito marziale, dice, non di pacifismo mieloso, eternamente perdente e succube.
Watson è un capitano che usa un sistema disciplinare quasi dittatoriale.
Green Peace cambia, invece, spesso i capitani che seguono tattiche imposte dalla leadership.
Green Peace è forte di 200.000 membri e utilizza la nave Esperanza con un equipaggio di 21 nazionalità.
La divisione tra la Sea Shepherd e Green Peace ha prodotto una reazione ingiustificata da parte della seconda. Green Peace si rifiuta, infatti, di passare informazioni alla Sea Sheperd. Non la vuole tra i piedi perché considera le sue tattiche controproducenti. In effetti sembra una forma di suicidio.
Watson ha confermato che Green Peace ha rifiutato l’assistenza non concedendo le coordinate navali per rintracciare la flotta. È stato informato che i membri di Green Peace sono contrari ad aiutarlo perché disapprovano le sue tattiche.
Questa situazione è simile ai contrasti violenti esistenti, nel grembo dell’animalismo nostrano, tra sette radicali e associazioni.
Watson dice io non sono una signora inglese, una Avon lady, che cerca pubblicità e si erge a testimone contro il male. Io sono un enforcer, io seguo tattiche differenti e del buonismo mieloso me ne fotto.
Io vedo l’orrore e lo contrasto perché quello che vedo è osceno e mi offende come essere umano.
Cos’ è un enforcer? Un enforcer è colui che impone l’obbedienza alla legge (anche con la violenza).
Inizialmente Watson era uno dei fondatori di Green Peace, poi ci furono contrasti e fu difficile continuare.
Green Peace ha contatti con governi, Watson li aborre e definisce Green Peace come la chiesa di Papa Borgia che vendeva indulgenze per far accedere al paradiso; dice che come Alessandro VI anche Green Peace concede le sue indulgenze ambientali.
Questa guerra di Watson ha accentuato l’attenzione verso il problema della sofferenza animale.
Questa lotta ripresa dai media mondiali aiuta enormemente la causa in difesa degli animali.
Se il consumo della carne di balena crolla in Giappone e in Norvegia ci sarà pure una ragione.
E gli australiani si sono schierati dalla parte dei difensori delle balene.
Peter Singer è intervenuto nel dibattito e ha scritto che il massacro delle balene andava fermato non perché i grandi cetacei rischiavano l’estinzione, ma perché erano mammiferi con grandi cervelli capaci di “godere” la vita e provare dolore. Singer ha spiegato che le balene possono anche soffrire di angoscia di stress e hanno problemi se il gruppo si divide.
Nel 1977 il governo australiano diede l’incarico al giudice in pensione Sydney Frost di indagare su quello che stava accadendo riguardo lo sterminio delle balene.
Frost analizzò la situazione e concluse che le balene non possono essere uccise “umanamente” a causa della loro dimensione e che è anche difficile colpirle con arpioni esplosivi. Se fosse assolutamente necessario uccidere le balene per la sussistenza umana allora sarebbe eticamente permesso, ma dal momento che si ha a che fare con creature con un “cervello notevolmente sviluppato e dotate di un alto livello di intelligenza”, e che tutto ciò che necessitiamo dalle balene si può ottenere da altri parti è eticamente ingiusto ucciderle.
Questa è la logica specista trionfante: prendere o lasciare.
Singer ha concluso dicendo che gli australiani sono i meno indicati ad affermare queste cose dal momento che abbattono i canguri e hanno i macelli funzionanti a pieno regime.
Il discorso di Frost – accettato per ovvia necessità da Singer – lo trovo assolutamente ridicolo.
Anzi abbastanza offensivo al senso etico comune. Singer, ripeto: per ragioni tattiche, ha detto che la salvezza di una specie dipende dallo sviluppo celebrale e dalla fisicità corporea. Come dire a una gazzella si può sparare ma non a un elefante. È incredibile che si debba scendere a livelli filosofici di questo tipo per limitare i massacri dei viventi. Le balene le salviamo perché assomigliano a noi – considerando i loro cervelli e i loro grandi corpi – non perché è indecente lo sterminio effettuato da una specie egemone sulle altre. Le tattiche di Watson sono dettate da una visione del mondo profondamente differente da quella di Green Peace. Per Watson è l’umanità, la nostra specie, il vero problema.
Motivo principale della sua dura lotta è salvare una specie dall’estinzione e dal massacro.
Senza dimenticare le altre specie esposte all’inaudita violenza degli uomini.
Watson dice: “Siamo una specie violenta. Siamo sempre stati una specie violenta e risolviamo sempre tutti i nostri problemi con la violenza. Non ci sono mai state eccezioni. Le vittorie non-violente sono un mito. Ha sempre prevalso la forza.”
Watson abbandona il pacifismo gandhiano esteso al mondo animale dicendoci: “Le vittorie non-violente sono un mito. Ha sempre prevalso la forza.” Le Avon ladies sussultano scandalizzate e il pirata spiega: “Personalmente, credo che l’umanità sia condannata. Siamo gli ultimi dei primati ominidi e questo gruppo, tanto per cominciare, non ha mai avuto un grande successo. Eccessivamente territoriale, ossessionato da trivialità, violento, misero e assolutamente privo di empatia verso le altre specie. Il mondo sarebbe un posto molto più piacevole, senza di noi”
Siamo all’estinzionismo delle “12 scimmie”?
E ancora: “Viviamo in un mondo popolato da decine di milioni di specie e fino a quando a tutte queste specie non sarà riconosciuta una parvenza di diritti, almeno il diritto di sopravvivere, io non potrò interessarmi granché dei diritti umani.”
In poche parole me ne fotto degli umani dal momento che siamo una specie assassina.
Watson è vegano. Green Peace non lo è.
Watson dice: “Per quanto ne so, e può anche essere che mi sbagli, ma la mia organizzazione, la Sea Shepherd Conservation Society è l’unica organizzazione protezionista al mondo che sostiene e pratica la scelta vegetariana. Sulle mie navi non viene servito nessun alimento di origine animale quindi niente carne, pesce o latticini. Seguiamo una dieta strettamente vegana ormai da anni e nessuno di noi è morto di scorbuto o per malnutrizione. In secondo luogo, non promuoviamo il veganismo sulle nostre navi perché siamo animalisti ma perché lo consideriamo un mezzo per ottenere ciò per cui lottiamo, che è la conservazione degli oceani. Ricordo un attivista di Greenpeace che cercava di difendere le sue abitudini alimentari basate sul mangiare carne dicendo che era un carnivoro e che i predatori hanno il loro posto ed era orgoglioso di essere uno di questi”.
Watson e il suo equipaggio sono vegani ma l’imbecillità è sempre alle porte.
Sono i vegan – marxisti che scattano all’attacco dopo le dichiarazioni di Watson.
Vegano sarà Watson – dicono – ma di sinistra non è. Anzi parla come un fascista.
Quindi condannano. Anatema! Quello che dicono le sette gnostico – vegane ha la potenza di un peto nel deserto, però immancabilmente ci provano.
Urlano: non è tutto oro quello che luccica, ed evidenziano l’apostasia Watsoniana.
Ma che ha detto Watson?
Il pirata ha detto di “non tirare fuori quell’obsoleta retorica di sinistra. La gente non ha voglia di sentir parlare di capitalismo e imperialismo: tutte queste chiacchiere non cambiano niente”.
E ancora: “io mi considero un conservatore, perché la radice del termine è “conservare” e il vero conservatore è un conservazionista. Inoltre, sono un Repubblicano, nello spirito di Thomas Jefferson, Abraham Lincoln e Teddy Roosevelt…” Non di Bush, ha detto “e lasciate perdere l’obsoleta retorica della giustizia sociale. La gente è tutta uguale. I poveri sono semplicemente degli aspiranti ricchi. Gli oppressi sono semplicemente degli aspiranti oppressori. Le persone hanno tutte gli stessi vizi e virtù, a prescindere dalla classe, dal colore, dal sesso o dalla religione. Guarda la schiavitù. La colpa fu di entrambe le razze. Gli europei non catturarono mai neppure un singolo schiavo. Li compravano da africani neri, che li avevano catturati per venderli come schiavi. Gli indiani americani si stavano massacrando e derubandosi la terra a vicenda molto prima che arrivassero i bianchi. Per quale motivo dovrei interessarmi di un taleban o di una donna saudita? La maggior parte di loro condivide i concetti primitivi dell’Islam. Sono come quelle mogli picchiate che giustificano la violenza dei loro mariti.”
E tira le somme: “bianchi, neri, indiani, asiatici, ecc… sono tutti uguali: siamo tutti un mucchio di scimmie nude egocentriche, che si autoglorifica eccessivamente, con le menti piene di leggende divine e i nostri piccoli patetici cervelli da primati pieni di confusione riguardo a cosa sia questo mondo. L’unica cosa che importa sono le leggi dell’ecologia… La legge per cui l’interesse di una specie deve avere la precedenza rispetto ai diritti individuali dei singoli individui di qualunque specie”.
E conclude: “Tutti i problemi sono insignificanti, in confronto a quello più importante di tutti: la diminuzione crescente della biodiversità globale. Ed esiste una sola causa per questo problema: la crescita incontrollata della popolazione umana”.
Personalmente non condivido quello che Watson dice riguardo la giustizia sociale e le conseguenze dell’imperialismo e della colonizzazione occidentale delle Americhe, ma devo riconoscere che su alcuni punti Watson ha ragione da vendere.
Gli europei provocarono orrori indicibili.
Leopoldo II del Belgio compì, in Congo, cose inenarrabili. Da puro “Cuore di tenebra”.
Il Belgio sfruttò a morte milioni di neri usando il terrore d’un apparato militare – commerciale.
Gli europei si comportarono in maniera immonda nelle colonie.
Il mercato degli schiavi durò 300 anni; tra i 10 e i 15 milioni di africani furono resi schiavi e vissero vite terribili. Oltre due milioni perirono.
L’arrivo di Cortez e di Pizarro e la susseguente conquista spagnola delle Americhe produsse un massacro spaventoso di milioni di indios. Se ce n’erano 70 milioni prima della conquista e nel 1600 gli indios erano diventati 7 milioni vorrà pur dire qualcosa.
Ma che il problema sia della specie è assolutamente innegabile. Della specie e delle sue assurde religioni.
È verissimo che la schiavitù fu alimentata dalle tribù dominanti africane e dal commercio arabo.
Ed è vero gli arabi praticarono la stessa schiavitù ghermendo, dalle coste europee, uomini e donne da ridurre in schiavitù (e si parla di oltre un milione di individui) e portare in Barberia.
Ed è vero che il dominio azteco fu per i popoli limitrofi un’esperienza spaventosa. E che senza di loro Cortez non avrebbe mai conquistato quelle terre. Basta vedere un film come “Apocalypto” (piaccia o non piaccia l’ossessione sanguinaria di Gibson) per rendersi conto di quello che accadeva a causa di una religione mostruosa. I sacrifici umani avvenivano in quella maniera ed erano enormemente estesi.
Se gli aztechi arrivarono a sacrificare 80˙400 vittime in quattro giorni qualcosa di diabolico avveniva in quell’impero. E quello che accade in Africa, e nel Congo non può essere attribuito solo al rapace capitalismo degli occidentali. Io parlo spesso con africani che detestano le loro classi al potere, e mi dicono che la loro borghesia è tremendamente corrotta, rapace e oppressiva.
Nella guerra civile del Congo muoiono ogni mese 45.000 persone. Le colpe delle multinazionali assassine sono immense, ma anche la guerra fratricida tra Hutu e Tutsi – scaturita dal genocidio del Ruanda ed estesa al Congo – è degenerata in una conflagrazione generale che non può essere attribuita ai soli occidentali, è responsabilità anche di odi tribali atavici. Se visitate una città come Bombay e vedete l’indifferenza dei ricchi indiani verso i poveri vi renderete conto che il problema non è derivato solo dall’imperialismo occidentale ma ha radici nella loro atavica religione nella struttura delle caste e nel concetto del karma.
Noi siamo stati iniqui ma il problema è “umanamente” generale.
Detto questo non condivido quello che dice Watson ma sono pieno di ammirazione per quello che fa per le balene. Il resto non l’accetto. Ma ha poca importanza.
Un esempio?
Immaginate che i post – fascisti di AN: Fini, La Russa, Mattioli, Rocchi et similia organizzassero (invece di sostenere i cacciatori come fanno sempre) una bella nave per cercare di fermare il massacro delle balene oppure un gruppo di spedizione che difenda le foche in Norvegia o – come fece Raphael Matta – gli elefanti in una riserva africana; direi che non condivido – assolutamente – la loro visione politica ma li ammiro per quello che fanno, e dal momento che non lo fa qualcuno come Che Guevara mi va benissimo che lo facciano Fini o altri. Se questa è la zuppa che passa il convento, io immergo il cucchiaio e la inghiottisco.
Se la freccia è nera o rossa non fa nulla – diceva il Buddha – importante è che colpisca il bersaglio.
Un altro esempio? Si dice che Borsellino, a differenza di Falcone, fosse un uomo dichiaratamente di destra; quello che ha fatto ha meno valore?
Morire combattendo contro la mafia è cosa insignificante se simpatizzi per la destra?
Molte note personalità sostengono Watson: Sean Penn, Orlando Bloom, Martin Sheen, Mick Jagger, e anche il Dalai Lama. E molti sono di estrema sinistra anche se non condividono certe affermazioni di Watson.
A Watson però direi: perché oltre ai macelli e alle balene non dovrei provare pena anche per i bambini che muoiono in Africa? Perché? Il termine “Biocentrismo” non include tutti i viventi?
E poi c’è il problema catastrofico – che il pirata evidenzia – delle nascite incontrollate e delle religioni criminali che le auspicano. E basta vedere la processione servile che omaggia in Italia il clericanesimo rinascente per renderci conto che siamo una specie derelitta.
La differenziazione evolutiva tra uomo e scimmia è cominciata tra i 6 e i 4 milioni di anni fa.
Dall’australopithechus verso l’homo abilis, quello erectus fino all’homo sapiens; 100.000 anni di homo sapiens e siamo sboccati a Vasa- Vasa che mangia i cannoli, a Clemente Mastella e all’homo udeur-us che sputa, fa le corna in Senato e si prostra davanti a Ratzinger.
Non c’è proprio da stare allegri.
Erano le sei della mattina quando sono tornato nelle mia stanza. Non riuscivo a dormire e l’indomani dovevo filmare il notorio “wife swapping”. Ho fissato Paracelso e mi sono immerso nei suoi occhi.
Dopo una ventina di minuti ho rivolto lo sguardo verso mia nonna.
Si è rivoltata verso me con il suo sorriso oltremondano e mi sono addormentato guardandola.
E ho fatto un sogno assai strano. Ero in una selva folta e c’erano grandi statue di marmo semoventi.
Nel mezzo della selva, è improvvisamente apparsa mia nonna e mi ha detto: i simulacri sono molto pericolosi. Diffida dell’immobilità. Ho chiesto: cosa significa diffidare dell’immobilità?
Mia nonna ha sorriso ma non ha risposto.Poi ha detto: ricordati che il teatro dei burattini di Popov sarà in piazza alle sette. E ci sarà tua madre che è stata trasformata in un fantoccio.
Ma come è possibile? Ho chiesto. E lei: lassù, o laggiù tutto è possibile.
Ed io: sono le leggi del karma? Non ha risposto ma ha indicato una stele.
C’era inciso qualcosa che non ricordo. Caratteri greci mi sembravano.
Che peccato non ricordo la scritta
Quanto è fetente l’inconscio!
Stuzzica ma mai dice chiaramente cosa vuole.